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23 December 2005

Buon Natale e Felice Anno Nuovo

"E avvenne il prodigio: lo Schiaccianoci si trasformò in un bel Principe che invitò Clara a seguirlo nel castello magico. E mentre danzavano,  le stanze divennero un bosco coi fiocchi di neve. Inizia il viaggio incantato.... " - (da Lo Schiaccianoci di E.T.A. Hoffmann su musica di Chaikovskij).
 
Questo blog rimarrà chiuso fino al 7 Gennaio. Un augurio di Buon Natale e di Felice 2006.
 
 
                              
                                                                                     

19 December 2005

Iustitia in fabula: Indulto e Amnistia dal Regime Umbertino a oggi

Tempo di Natale, tempo di favole. Pensavo ad un post di chiusura d'anno divertente, ma veritiero. E me lo hanno suggerito alcuni incresciosi fatti di questi giorni. Pannella marcerà per l' amnistia il giorno di Natale, perché lui in fondo, aspira a fare il Papa. Papa laico, ma Papa. Per questo, ce l'ha tanto con le gerarchie ecclesiali. Nel frattempo, Daki viene scarcerato dalla Forleo e dichiara di essere stato interrogato in modo irregolare da Dambruoso. L'imputato plurindiziato denuncia, per il tramite del suo avvocato, l'unico magistrato che sa compiere il proprio dovere nell'ambito delle inchieste sul terrorismo islamico - inchiesta giudiziaria che verrà istruita dai suoi illustri colleghi togati. Si apre una nuova fase: Magistratura contro Magistratura. Nel frattempo c'è Bankopoli col caso Fazio, Fiorani e Consorte. Come al solito, qualcuno ci rimetterà più di altri e pagherà per procura anche per quei soliti noti che cadranno ancora una volta in piedi. Per non arrabbiarmi inutilmente ho pensato di buttarla in allegoria e in metafora. Leggete. Dal Cap.XVIII di "Le avventure di Pinocchio" di Carlo Collodi.
Nel paese di Acchiappacitrulli
Dopo aver camminato una mezza giornata arrivarono a una città che aveva nome "Acchiappacitrulli". Appena entrato, Pinocchio vide tutte le strade popolate di cani spelacchiati che sbadigliavano dall'appetito, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli che chiedevano l'elemosina di un chicco di granturco, di grosse farfalle che non potevano più volare perché avevan venduto le loro bellissime ali colorate, di pavoni tutti scodati che si vergognavano a farsi vedere, e di fagiani cheti cheti, rimpiangendo le loro scintillanti penne d'oro e d'argento, oramai perdute per sempre. In mezzo a questa folla di accattoni passavano di tanto in tanto alcune carrozze signorili con dentro qualche volpe, o gazza ladra, o qualche uccellaccio di rapina. Per farla breve, riassumo le sequenze successive. Lo sprovveduto Pinocchio mette i suoi zecchini d'oro dove non avrebbe mai dovuto: al Campo dei Miracoli, nell'illusione di raddoppiare il suo gruzzolo. Ma nel paese di Acchiappacitrulli non poteva che venire derubato da due furbacchioni : il Gatto e la Volpe. Così quando dopo aver scavato disperatamente il terreno, invece di veder raddoppiare il suo capitale come da promesse dei due loschi figuri, si accorse del furto.......Preso dalla disperazione, tornò di corsa in città e andò difilato in tribunale per denunziare al giudice i due malandrini, che lo avevano derubato. Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d'oro senza vetri che era costretto a portare continuamente, a motivo di una flussione d'occhi che lo tormentava da parecchi anni.Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l'iniqua frode, dando il nome, il cognome e i connotati dei due malandrini, e finì col chiedere giustizia.Il giudice lo ascoltò con molta benignità: prese vivissima arte al racconto, s'intenerì, si commosse e quando il burattino non ebbe più nulla da dire, allungò la mano e suonò il campanello. A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da gendarmi.Allora il giudice , accennando Pinocchio ai gendarmi, disse loro: - Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d'oro: pigliatelo e mettetelo subito in prigione!Il burattino sentendosi dare fra capo e collo questa sentenza, rimase di princisbecco e voleva protestare: ma i gendarmi gli tapparono la bocca e lo schiaffarono in gattabuia.E lì v'ebbe a rimanere quattro mesi: quattro lunghissimi mesi: e vi sarebbe rimasto anche di più, se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perché dovete sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappacitrulli, avendo riportato una gran vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di velocipedi, e, in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte le carceri e mandate fuori tutti i malandrini. - Se escono di prigione tutti gli altri, voglio uscire anch'io, - gridò Pinocchio al carceriere. - No, voi no, - rispose il carceriere, - perché voi non siete del bel numero... - Domando scusa, - replicò Pinocchio, - sono un malfattore anch'io. - In questo caso avete mille ragioni, - disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprì le porte della prigione e lo lasciò scappare.
La morale della favola è fin troppo chiara. Ma la mia domanda è: dal Regime Umbertino (periodo nel quale visse il Collodi) ad oggi è cambiato qualcosa? In attesa di risposte, Buon Natale e vivissimi Auguri ai lettori-navigatori. In particolare alla galassia dei sauri e ai vicini di blog. Nessie

14 December 2005

Maggiolini - Lo Stato non deve costruire moschee

Gli antefatti di Como
La contrapposizione tra islamici e Comune di Como sorta fin dagli inizi di agosto, si è evidenziata a proposito dell'utilizzo di una moschea abusiva in città : un magazzino usato come luogo di culto. Il comune lariano aveva concesso 90 gg.per il ripristino dei luoghi e detta moschea è stata poi chiusa il 7 dicembre.
La scintilla
La situazione è degenerata lunedi 6 u.s. allorché 30 islamici si sono messi a pregare nella Corte del Comune di Como, annunciando altri rinforzi di 500 islamici per il venerdi successivo. Il rito si è poi svolto in una struttura sportiva concessa dai Padri somaschi.
Le reazioni
Il Comune ha annunciato che la ripresa del dialogo potrà avvenire solo se i musulmani cesseranno le provocazioni. Fulmini e anatemi per gli sprovveduti padri somaschi da parte di mons. Maggiolini, vescovo di Como, il quale in materia di religione cristiana e identità, ha le idee chiare.

Alla domanda se il potere civile deve o no costruire moschee, il vescovo di Como Alessandro Maggiolini ha dato risposte precise sul quotidiano La Provincia di Como, riportate anche su La Provincia di Varese.

mons. Maggiolini - Alcuni recenti fatti balzati all'onore della cronaca domandano una riflessione attenta e pacata in merito alla società civile, la comunità cristiana e la sempre più numerosa presenza dell'Islam tra di noi. L'azione pastorale della Chiesa avverte due pressanti esigenze.
  • Educare il popolo cristiano a quegli atteggiamenti di fraternità accoglienza e dialogo con la religione islamica.
  • Nel contempo, salvaguardare l'identità della nostra fede in modo chiaro e consapevole.
In tal senso, concedere locali o spazi riservati al culto cristiano o destinati alle attività pastorali come luoghi di culto o di propaganda per i musulmani contraddice alle esigenze della testimonianza, perchè verrebbe facilmente equivocato non come gesto di cristiana bontà, ma come segno evidente che le religioni sono tutte uguali: se non addirittura come rinuncia dei cristiani alla loro identità religiosa. D'altra parte - ed è la seconda esigenza - c'è il rischio che si affermi anche tra i cristiani, una visione relativistica dei rapporti tra le diverse religioni, quasi che tutte le religioni fossero equivalenti e che alla fine si tratterebbe di invocare lo stesso Dio. In realtà il Dio Trinitario non è uguale ad Allah, né Gesù Cristo a Maometto né il Vangelo al Corano.
Più concretamente, allo stato laico (che sarà bene ribadirlo, non significa affatto contrario alle religioni) vanno assegnati tre compiti:
a) - vigilare affinché una determinata espressione religiosa non sia contraria al bene comune. In altri termini, l'autorità civile deve farsi garante della cornice di legalità all'interno della quale una confessione religiosa può legittimamente espletare le sue iniziative.
b) - promuovere le diverse espressioni religiose, con un'attenzione privilegiata per quelle religioni maggiormente significative della tradizione storica del popolo.
c) - a tale proposito, la dottrina più comune del principio di sussidiarietà non ritiene legittima l'erogazione in denaro pubblico per l'edificazione di luoghi di culto, salvo il caso di una comprovata rilevanza dell'edificio stesso per il bene comune, come accade ad esempio per la compresenza di importanti beni culturali (artistici e architettonici).
Il Commento
Dunque vediamo che anche la Chiesa (in particolare in seno all'Ordine dei frati) è assai divisa e colta di sorpresa dal fattore Islam. Cervelli fini e pensanti come il cardinale Ruini, Biffi (oggi in pensione), Rino Fisichella e il vescovo Maggiolini di Como, non ce ne sono molti. Tuttavia la Chiesa in materia identitaria e culturale (oltre che ovviamente sul piano etico-
religioso) resta (pur nelle sue contraddizioni) più esperta e cauta, in materia, di quanto non lo siano le stesse forze politiche. Prova ne sono le note da me sunteggiate, di mons. Maggiolini sul divieto di usufrutto dei locali riservati al culto cristiano, agli islamici e i suggerimenti allo stato laico circa i finanziamenti alle moschee. Quanto alle forze politiche è da rilevare un duplice atteggiamento.
  • A destra ci si genuflette nei confronti della Chiesa, appiattendosi sulle sue iniziative (leggi 194 e consultori, referendum su fecondazione assistita, suggerimenti sui matrimoni misti fra cristiani e islamici da parte di Ruini), senz'essere capaci di promuoverne di proprie, come da sua prerogativa.
  • A sinistra si intraprendono crociate laiciste e anticlericali contro la Chiesa nel momento storico peggiore: quello della guerra contro i fondamentalismi e contro il terrorismo islamico. Atteggiamento assai maramaldo, tenuto conto della debolezza intrinseca della Chiesa nel far fronte alla secolarizzazione.
Strategicamente e tatticamente, è impossibile combattere due nemici in un colpo solo. E il nemico principale - sarà utile ricordarlo - non è la Chiesa cristiana, ma l'Islam in alcune sue interpretazioni violente e aggressive.Omologare le gerarchie ecclesiali ai mullah islamici, come fanno spesso Pannella, Capezzone, i Verdi e la sinistra in generale, è profondamente sbagliato e fuorviante. Il fronte interno dell''Occidente (e nello specifico, del nostro Paese) non è affatto coeso e compatto e ricorda a numerosi esperti, lo spirito di Monaco durante la II guerra mondiale.Ma la Storia è quella lezione che i popoli non imparano mai abbastanza.
Nessie

12 December 2005

Vacanze Romane (tra il Papa e Veltroni)

In una mattinata decembrina con le chiome dei pini inondati di luce e sole mi trovo alla fermata del bus sull'Aurelia. Chiedo a una signora, dove si acquistano i biglietti e mi indica una tabaccheria sul lato opposto della strada.Poi con gentilezza si offre di vendermene uno dei suoi. Con quel gesto di cortesia la giornata romana si annuncia propizia. La signora è simpatica e ciarliera e mi chiede da dove vengo, se sono in vacanza o che cosa. Arriva il 246 e lei sale salutandomi con giovialità. Arriva il 247 e salgo anch'io fino al capolinea. Davanti ai Musei Vaticani sono incerta: li ho già visti tante altre volte eppoi c'è sempre una transumanza di giapponesi dal frenetico clic fotografico. Entro, nonostante le mie iniziali reticenze, e rilevo che le misure antiterrorismo funzionano bene. Infatti ci fanno togliere giubbotti, paletot, giacche e fanno passare borse, zaini e indumenti al metal detector. Troppo caldo, troppa gente, troppi pellegrini in visita. Una sala alla quale non avevo fatto caso in tempi felici e sicuri è la Sala Sobieski dedicata all'assedio di Vienna (11 settembre 1683) con un Giovanni Sobieski a cavallo e con le legioni dei cristiani che sbarrano l'accesso ai turchi ottomani in un enorme dipinto di 41 metri donato da Jan Matejko, pittore polacco, a Papa Leone XII nel 1883. Mi siedo e ammiro il capolavoro ripetendomi in stato di semi-trance: "Non prevalebunt...non prevalebunt". Manco fosse una litania. Ecco cosa sono venuta a fare: a rincuorarmi un po' e a ripetermi che no, non prevarranno. Queste, le immagini che cercavo inconsapevolmente. Nella Cappella Sistina i flash dei giapponesi diventano davvero insopportabili (oltreché abbaglianti), specie davanti agli affreschi michelangioleschi.Una giungla di Nikon e di Canon si alza quasi minacciosa verso il soffitto. Fortuna che il Signore è dipinto lassù sulla volta... inarrivabile. Ma non doveva essere vietato fotografare?
Sul tardo pomeriggio vado a Piazza Navona e cerco un locale per uno spuntino. Entro al caffé ristorante Bernini. Dato il nome italiano dello scultore italiano, si crederebbe di trovare del personale nativo. Invece - macchè - ragazze giapponesi servire ai tavoli, un maitre in giacca e papillon marocchino, mentre il giovanotto al banco era cinese (o forse giapponese pure lui) con tanto di lungo pizzetto al mento. Sulla piazza illuminata a giorno anche di notte, bancarelle, via vai di giostre, saltimbanchi di strada, mimi alla Marcel Marceau. Ma alle bancarelle non si vede un droghiere né un frittellaro italiano. Solo indios. Come indios sono pure i venditori di caldarroste e i gestori dei chioschi delle bibite. Roma città aperta. Più aperta di così...In due anni che manco, è cambiata ulteriormente la geografia umana.
A sera, se qualcuno crede di gettarsi a capofitto sulla rinomata gastronomia romana delle trattorie trasteverine, si accorge che anche lì il turn over del personale è profondamente mutato: personale caraibico, latino americano, giapponese ecc.Di romano è rimasto solo il nome dell'insegna sul tipo del Rugantino. Un consiglio? Se vedete un'osteriola dall'aspetto un po' dimessa con sedie di legno e tavoli tipo quello di mia nonna quando faceva la pasta in casa, e se magari c'è pure un cartello con la scritta Non si accettano carte di credito, solo contanti! beh...allora fermatevi e pranzate (o cenate) tranquillamente. Lì c'è ancora qualche sora Lella o qualche moglie del sor Olindo che cucina polpettine di carne alle erbe aromatiche o involtini al sugo come Dio comanda. Specie in via d'estizione e da proteggere col Panda del buon ristoratore.
L'indomani 8 dicembre - giorno dell'Immacolata, a piazza di Spagna arriva papa Ratzinger per rendere omaggio alla Madonnina sulla stele.Già che sono qua, una benedizione di Benedetto XVI non può certo farmi male. Specie di questi tempi. La piazza è gremita, come pure Via Condotti e Via Frattina trasformatesi in fiumi umani in piena. Se malauguratamente un kamikaze dovesse....beh, meglio non pensarci. Non c'è metal detector che serva, in casi come questi. Arriva papa Ratz attorniato e abbagliato da paparazzi. Perfino una persona schiva e discreta come lui che raccomanda di festeggiare il Natale con "sobrietà" e umiltà, può fare ben poco, nell'età del clamore e della ridondanza.
Alla Fontana di Trevi, qualcuno aspira a fare Anita Ekberg, bloccato prontamente da un vigile urbano. Ma continuano i lanci scaramantici delle monetine in the fountain.
Il giorno dopo è dedicato alla mostra di Edouard Manet al Vittoriano. Brutta! Lo dico senza mezzi termini. Sono pessimi i criteri museali con cui si organizzano le mostre in Italia (e non solo a Roma). Come si fa a mettere un mucchio di grafica in bianco e nero, e non più di 4 o 5 dipinti a olio, quando trattasi di un impressionista? E come si fa a credere di sopperire al tutto con dei gran video-tape che parlano di vita, morte e miracoli dell'artista, senza vedere esaustivamente queste opere? E' solo un magna-magna per turisti. Mentre dai fori imperiali si diffonde la solita musica andina (che noia mortale/da più di 30 anni si ripete sempre uguale - cantava Lucio Dalla). E se lo dice lui che è di sinistra, vuol dire che è doppiamente vero. Musica andina dei musicanti di strada. Dalle finestre del museo Vittoriano assisto all'intrigante affresco vivente di Roma imperiale, Roma papale, Roma pagana, Roma cristiana, Roma fascista, Roma comunista, Roma veltroniana, Roma meticcia in un crogiuolo inscindibile di storia, genti, antiche vestigia, moderni e postmoderni obbrobri.
Il polso della città lo si tasta attraverso i suoi tassisti. Perciò, niente di più simpatico di un tassista romano e del suo disincanto verso i guasti della metropoli. Passiamo davanti al Ponte Sisto dove staziona e bivacca un gruppo di punkabbestia i quali litigano dabbestia, ubriachi fradici mentre brandiscono bottiglie di birra a mo' di clave per lanciarsele l'un l'altro. Quei poveri cani che sono con loro, quanta tenerezza mi fanno! Umani, troppo umani! Fossi nella Protezione degli Animali, glieli confischerei subito. "Mmàzzate ahò!" - esclama con flemma il tassinaro, "Tutta 'a monnezza er mondo ce capita qua da noantri. Io 'un li rimorchio a que'i"
- Ma perchè?! Anche i punkabbestia prendono il taxi? - chiedo incuriosita.
- Po' capità.
Costeggiamo il Gianicolo quando le esternazioni del tassinaro si fanno via via più coraggiose.
- A 'e prossime elezioni me voto a Lega. Fini nun me piace più. Eppoi lui vo' fa' votà a que'i (ndr:gli immigrati).
- La Lega?!? Ma non vi chiama sempre "Roma ladrona"? (fingo di fare l'avvocato del diavolo).
- Eccheccefrega signò? Me faccio pure dà d'er ladrone, se me tiene fora que'i. Semo invasi!
- Ma non è che il federalismo ovvero la devolution porta svantaggi a voi romani? (continuo con le domande maliziose).
- Dipende. Er federalismo ce po' interessà pure a noantri.
Pago la corsa e scendo in via Aurelia. Da Milano a Roma, l'Italia in fondo in fondo è più unita di quel che sembra. Resta la formula alchemica del federalismo de noantri, anticipatami dal tassinaro. Il quale, m' ha messo, non so perché , una strana pulce nell'orecchio. Ma questo è un altro film.

05 December 2005

L'insostenibile peso del Corriere Multicolor


Fino a poco tempo fa c'erano due giornali rivali: Il Corriere della Sera e la Repubblica. Chi non voleva sposare la linea editoriale di sinistra di Repubblica acquistava il Corriere, ritenuto più moderato. Ultimamente dopo la nuova svolta Mieli (con vicedirettori Gianni Riotta e Pierluigi Battista) si compra in pratica lo stesso giornale.
Da giugno scorso in poi non abbiamo più il vecchio Corrierone in bianco e nero, ma il Corriere Multicolor con dorso milanese incluso e graffettato all'interno. Tuttavia, alla quantità (si arriva perfino alle 75 pagine) non fa riscontro la qualità. Le tanto decantate immagini a colori, inutile ricordarlo, fanno pensare ai rotocalchi femminili come "Novella 2000". Senza offesa per quest'ultimo, che fa anche piacere sfogliare sotto l' ombrellone d'estate. Ma il punto è un altro: in un quotidiano importante, le attese sono diverse.
Veniamo alla sostanza. Il Corriere è legato da un patto di sindacato, cioè da 15 imprenditori azionisti nonché potenziali "editori" di riferimento. Paolo Mieli nelle sue apparizioni televisive a "Otto e mezzo" da Ferrara ce l'ha messa tutta per convincerci che la linea editoriale del suo giornale è indipendente e non tiene conto degli equilibrismi interni. Dobbiamo proprio credergli? In parecchie occasioni il Corriere è sceso in campo (come si dice nel gergo), cioè si è schierato apertamente col centrosinistra. Né perde occasione per orientare i suoi lettori sul piano delle opinioni. Ciò si evidenziato clamorosamente durante il referendum sulla fecondazione assistita del 13 giugno scorso. Pazienza, aver cercato fino all'ultimo di orientare per il SI all'abrogazione della legge 40. Ma l'indomani della cocente sconfitta, ha fatto finta di nulla senza un minimo di disamina circa le ragioni della sconfitta.
Altre occasioni in cui ha mostrato "parzialità" è negli articoli di Ennio Caretto, il quale non ne ha mai azzeccato una sull'opinione pubblica americana circa il governo Bush. Per non parlare poi degli articoli di Sergio Romano, continuamente all'insegna dell'antiisraelismo e perfino antiamericanismo nonché della sua vocazione a ritoccare la storia a suo uso e consumo. E per non dire di quelle cronache spicciole che nascondono a pag. 40 le scuole islamiche a Milano di Via Quaranta e altre malefatte dei fondamentalisti islamici e dei terroristi.
Dunque che cos' è rimasto ultimamente da leggere per un lettore "moderato" di area liberale sul Corriere Multicolor & Multiculturalist?
Ben poco: qualche editoriale di Panebianco, di Galli della Loggia, di Magdi Allam. Piero Ostellino, unico di area liberalconservativa, mostra evidenti segni di camicia di forza (non sua, ma editorialmente imposta). Per la politica internazionale sconsiglio vivamente Alberto Ronchey e i suoi articoli color-can-che-scappa che, in fatto di analisi, approdano a un bel niente. Ovvero l'arte di girare intorno al lume senza trovare la retta via. Poi, nelle pagine degli spettacoli, ci sono i critici cinematografici che invece di stroncare ti fanno il riassuntino del film come Porro e Mereghetti, tanto per fartelo digerire anche quando è indigesto (vedi il film di Benigni). Per cui è rimasto solo Aldo Grasso a fare il mestiere più odiato del mondo. Ma in tv è più facile: si spara sulla Croce Rossa, in quanto c'è sempre da stroncare e da parlarne male. E Grasso fa il suo mestiere.
Ci sono tre penne femminili verso le quali dovrei dirne bene per solidarietà di genere. E invece proprio non mi riesce.
Una è lsabella Bossi Fedrigotti (IBF) che aspira a fare l'Alberona di sinistra. Ma le sue, sono banalità saccenti, supponenti e spesso velenose condite di ideologia non richiesta: la sua. L'altra è Lina Sotis che io chiamo Lina Sottise, (in francese, sciocchezza) maestra di bon ton milanese che quando interviene sul costume e la moda usa pause lunghissime, sorride, si guarda intorno compiaciuta per poi snocciolare chissà quali bons mots. Forse aspira a passare all'immortalità dei biglietti aforistici nei cioccolatini Perugina, come La Rochefoucauld. Ma la vera perla solferinica è lei, la Mata Hari con il ciuffo alla Veronica Lake: Maria Laura Rodotà, figlia di cotanto padre Stefano già garante della privacy. E proprio perché suo padre è un rigorista della privacy lei ha imparato a fare l'intrusa voyeur, spiando dal buco della serratura nelle camere da letto degli italiani. I suoi articoli preferiti: il sesso, quando lo fai, dove lo fai, quante volte in un mese, settimana, giorni, i luoghi preferiti... Il Viagra fa bene, fa male. La pillola del giorno prima, quella del giorno dopo. Una vera campionessa del Welfare sex. Vederla in tv poi è un vero programma: parla con la voce roca e grave come Greta Garbo-Mata Hari quando sospirava dall'alcova: "Per favore...dammi una sigaretta!" . Poi si nasconde misteriosamente dietro al ciuffo alla Veronica Lake. I 15 editori di riferimento hanno così ottenuto le "quote rosa" per la gioia delle loro mogli: Tronchetti Provera per la sua Afef; Diego Della Valle per la sua signora, Pesenti e Ligresti, idem. Romiti, pure. Buona lettura bisex and multiculturalist!
Per fortuna arriva il giovedi, giorno della raccolta differenziata. E dopo una settimana di acquisti giornalistici devo portare fuori dal cancello almeno 550 pagine di carta del Corrierone Multicolor da consegnare ai netturbini. Con tanto di Magazine del giovedi e con quello del sabato "IO donna", compresi. Problema: pesano di più 5 chili di carta o 5 chili di piombo?

28 November 2005

Il bersagliere Capezzone e la nuova breccia di Porta Pia

Caduto nella nassa di Nessie: Capezzùn
 
Daniele Capezzone non lo sa, ma ha proprio l'aria di un chierichietto che deve prendere la Cresima e che pertanto  si reca ogni giorno al Catechismo. Da chi? Ma dal cardinale Pannella, naturalmente. A prendere lezione di laicismo dottrinario, la nuova religione di Stato. Il Danielino è un bravo ragazzo e veste sempre con certe giacchette da cresimando - di quelle con il fazzoletto profumato di bucato che gli esce dal taschino. Scrive bene anche. Di tanto in tanto lo ospita pure Libero dove ha un rubrica di piacevole lettura: cronache di Bisanzio. Peccato però che quando parla lo faccia in pannellese. Pensieri e parole sono infatti copyright Giacinto detto Marco. Perfino il tono della voce è clonato su quello di Pannella. BE YOURSELF CAPEZZONE!
Ma procediamo con ordine. Dapprima c'è stato il Referendum sulla fecondazione assistita. Il bersagliere Capezzone e la sue milizie avevano un'ambizione: una nuova breccia di Porta Pia contro lo Stato Pontificio. Bersaglio preferito: Il Papa, la Chiesa e i suoi cardinali. In particolare Camillo Ruini, che le petit monde di Le Monde (inteso come quotidiano francese) ha già battezzato Don Camillo, vero nuovo politico italianoForse le Monde pensava al cardinale Richelieu (il loro), ai Tre Moschettieri (i loro) ma non lo sapeva. 
Ovvio invece che chi oggi aspiri ad essere il baffuto on. Peppone non è il solito compagno comunista (che nel frattempo si è fatto furbo) , ma lui, il prode Capezzone. O meglio Capezzùn, ragazzo tutto d'un pezzo. Nonostante le fanfare, le trombe e altri ottoni a tutto fiato, le affannose corse dei bersaglieri con i loro cappelli dalle piume  nere del gallo cedrone che si agitavano rilucenti al sole, il  nuovo XX Settembre non ci fu. Esiste ancora,il XX Settembre, ma nelle targhe di qualche strada di città.
Il 13 giugno del 2005 (data storica) i bersaglieri radicali capitanati da Capezzone fecero un bel buco sì, ma nell'acqua. E gli Italiani bocciarono senza pietà e misericordia il Referendum sulla Fecondazione assistita con la legge 40 che rimase tale e quale.Ora il Radicale Libero (ma Junior) ci riprova col Concordato. Ritocchiamolo va' che è meglio. Silenzio di tomba, invece, sugli stupri che imperversano quasi ogni giorno per le nostre città a causa di una migrazione selvaggia e incontrollata (Ah Capezzò, ma non eravate per i diritti delle donne?). Non una parola sui tagliagole, i terroristi e i fondamentalisti islamici che premono alle nostre porte e che minacciano di far saltar per aria er Cupolone e, con esso, qualche millennio di vera civiltà e cultura. L'unica cosa che turba i sogni dell'on. Peppone-Capezzone è quell' 8 per mille riscosso da Don Camillo direttamente dalle Banche del Laterano. Roba da  mandare in bestia il nostro povero bersagliere! Io gli darei un consiglio: promuovere una bella raccolta di firme per l'abrogazione del Concordato. Chissà che anche stavolta il suo XX Settembre non diventi un XIII Giugno! Crapùn di un Capezzùn, come sei fuori dalla Storia e come non sai coglierne le vere contraddizioni! Evvai con le fanfare!

22 November 2005

Poligamia islamica nella Francia cristiana

Francia cristiana che però non sa di esserlo. O forse si rifiuta di esserlo. E' questo il punto cruciale quando ci ostiniamo a parlare di integrazione in Ue. Che sia governata dalla destra o che lo sia dalla sinistra, la Francia ha sempre praticato uno strano laicismo da ghigliottina (laicisme de combat). E allora ecco poi saltar fuori contraddizioni esasperate come quelle cui abbiamo assisitito in questi giorni di fuoco. Per l'Islam, sia la laicità che il laicismo - termine, quest'ultimo, che sta a significare la messa al bando in modo drastico dell'elemento religioso dalla vita pubblica (mentre nel primo caso significa includerlo), sono entrambi sinonimi di paganesimo e di miscredenza. Non facciamoci illusioni: è considerato parimenti infedele sia un cristiano osservante che un laico non praticante, che un ateo. E allora come si può pensare di trasformare i musulmani in ciò che per loro significa essere infedeli? In particolare, come si può essere tanto naif da credere che accettino la secolarità europea come un valore? Se ci definiscono comunque dei kuffar tanto vale tenerci la nostra religione e farcene scudo e vanto. Tenerci le nostre campane e suonarle in libertà. Tenerci le nostre chiese e cercare di non trasformarle in cattedrali nel deserto. Penso alle cattedrali gotiche di Chartres, di Rouen, di Reims, di Notre Dame e a come sono belle con queste guglie e pinnacoli che svettano verso il cielo in un verticalismo trascendente. Ma ripenso anche a quanto sarcasmo, boria e presunzione la Francia di Quai d'Orsay abbia mostrato facendosi paladina del laicisme de combat. Giscard d'Estaing è stato tra gli strenui oppositori dell'inserimento delle radici cristiane nella Costituzione europea. E il sussiegoso Chirac si è fatto beffe di Berlusconi chiamandolo "monsieur le pretre" a Pratica di Mare, quando lui glielo ha ricordato. La Francia di Bernard de Clairvaux, di Montaigne, di Descartes e di Pascal. La Francia dei Giansenisti di Port Royal, di Jacques Maritain e di molti altri pensatori cristiani ha creduto ciecamente nella scorciatoia della tabula rasa. Niente cenni religiosi, né preamboli nella Costituzione Ue, così sarà più facile integrare gli islamici. Piazza pulita dei simboli cristiani anche nelle scuole e tra gli studenti (niente croci). Così sarà più facile togliere anche il velo islamico alle studentesse. E chi l'ha detto? Non si può integrare chi non ama la Francia nella Francia che professa di non amarsi - sostiene Alain Finkielkraut. E più che non amarsi, forse, nella Francia sans mémoires et sans racines che non ricorda più nulla della sua cultura se non il giacobinismo sanguinario di quel 14 luglio della presa della Bastiglia che si festeggia ogni anno. Ma quello farebbero forse meglio a dimenticarlo. La Francia che si strappa i capelli per essere stata un tempo, potenza coloniale, e che elargisce generosi sussidi ai suoi creoli e meticci del Territori d'Oltremare nel tentativo di farsi perdonare. "J'ai quelques choses à toucher" (ho qualcosa da tastare, cioè soldi in arrivo) è uno delle espressioni gergali più comuni ripetute da nativi sorridenti e ammiccanti giù alla Martinica a proposito di assegni vitalizi da riscuotere.Come figli viziati e irresponsabili cui tutto è dovuto senza meriti.
La Francia che, contrariamente al generoso La Fayette, ha lasciato l'America tricolore in bianco, rosso e blu come lei (sebbene a stelle e strisce) da sola in trincea a gestire il problema della guerra irachena e del terrorismo internazionale di matrice islamica. Nell'illusione che quest'ultimo non la riguardi. La Francia sans frontières che rifiuta le quote di immigrazione e che ha deciso di farsi perdonare la sua guerra d'Algeria. Come? Attirandosi un'Algeria incandescente a casa propria. La Francia che si picca di dare lezioni di alta politica internazionale dicendo che è impossibile "esportare la democrazia", ma poi pratica l'importazione della poligamia islamica a casa propria facendo finta di nulla. Legalizzandola di fatto, attraverso i sussidi elargiti ai suoi imam poligami, al loro stuolo di mogli e alla loro numerosa prole - imam che non riesce più ad espellere. Perchè? Perché già diventati immeritatamente citoyens de France.Ma nazionalità e cittadinanza bisogna meritarsele, non sono dei diritti naturali!
Infine la Francia che emanò nel '93 una legge che vietava l'ingresso ai poligami e autorizzava l'espulsione di quelli che erano già entrati e che convivevano con più mogli, ma che poi cancellò tale norma per soddisfare i terzomondisti di sinistra e tutti i farisei della French political correctness, sicché oggi quei figli di nessuno degli immigrati poligami te li ritrovi in giro per le banlieues a dare fuoco alle auto, a lanciare bottiglie incendiarie contro i poliziotti, a mandare al rogo le scuole. E Chirac a fare appello al senso di responsabilità educativa delle famiglie musulmane. Ma quale famiglia se si è deciso di immettere nel tessuto sociale francese dei clan tribali in sfregio alla famiglia monogamica di tradizione cristiana? E come vogliamo chiamarlo tutto questo? Assimilazionismo alla République? Io lo chiamerei semplicemente idiozia. O se preferite un termine francese un po' più forte, connerie.

17 November 2005

Re: Coca-Cola al bando e antiamericanismo d'assalto

Chi la beve muoreDopo Roma scende in campo Torino, città che ospiterà i Giochi invernali 2006. Sotto accusa la solita Coca-Cola accusata di essere mandante di politiche repressive nei confronti dei lavoratori e sindacati della Colombia e di altri Paesi. Dodici consiglieri comunali sono riusciti a fare approvare l'Ordine del giorno che "auspica l'eclusione delle bevande prodotte dalla multinazionale Coca-Cola nei distributori degli uffici e dei locali dell'amministrazione comunale torinese". Il sindaco Chiamparino (DS) mostra una certa preoccupazione circa l'iniziativa e afferma di voler interpellare la Coca-Cola Italia per spiegare che l'Odg non rispecchia la posizione totale dell'amministrazione ma di una minoranza: quella dei 12 consiglieri su 51.
Ma chi sono i 12 apostoli del boicottaggio? Esponenti del PdCi (cioè il partito di Diliberto e Cossutta) di Prc, qualche Ds delle fronda. Il capogruppo diessino si astiene. Le motivazioni del boicottaggio ricordano che negli Usa la Coca-Cola è stata citata in giudizio, per violazione dei diritti umani, dai sindacati di alcune imprese colombiane. Inoltre è accusata di essere mandante di politiche repressive contro lavoratori e sindacati anche in Guatemala, Filippine, Pakistan, India, Israele e Venezuela. Il sindaco Chiamparino e la Presidente diessina della Regione Piemonte Mercedes Bresso minimizzano cercando di spegnere le polemiche: "Bere una Coca rientra nei "diritti banali" che credo vadano riconosciuti ai dipendenti comunali.(...) Spero prevalga il buon senso".
Ma qui come al solito di buon senso ce n'è poco. I soliti portavoce in giacca e cravatta dei no global di Porto Alegre, (cioè rifondaroli, verdi e pidiccini) parlano addirittura di voler promuovere sponsor etici ed equo commercio solidale. Ormai la piazza "rossa" da loro sobillata (o quanto meno giustificata) ci ha abituato ai soliti riti di bandiere a stelle e strisce date alle fiamme, di distributori di Coca-Cola presi a sprangate, di negozi Blockbuster e locali McDonald quali bersagli fissi di lancio di bottiglie molotov. Poi in Parlamento, nei consigli comunali e nelle sedi istituzionali, i compagnucci radical chic si dissociano. Siamo insomma alle tragicomiche del "qui lo dico e qui lo nego" - uno degli sport (invernali e non) preferiti del sinistrese italiota e della sua variegata galassia. Della serie, siamo contrari a ogni atto di violenza e di teppismo, MA ... Come si vede, c'è sempre un SE e sempre un MA. Qui Torino a voi Roma.

12 November 2005

Biffi il cardinale veggente e l'integrazione religiosa

Diamo a Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio, a cardinale ciò che è di cardinale. Prima dell'11 settembre, prima ancora della stessa Oriana Fallaci fu proprio lui, Giacomo Biffi, allora Arcivescovo di Bologna a vederci chiaro nell'oscurità di quel fatidico mese di settembre 2000. Cioè un anno prima dell'Apocalisse di Mannhattan, con le due Torri ancora in piedi. Renato Farina su Libero di giovedi 10 novembre ha stampato a chiare lettere le sue note pastorali, per sdoganarle dall'oblio, alla luce di quanto sta accadendo nelle periferie parigine e francesi. E nel timore di quanto possa accadere anche qui da noi  in Italia. Ecco dunque cosa chiedeva il cardinale assai "laicamente" ai politici di buona volontà in "La città di S.Petronio nel terzo millennio".
"I criteri per ammettere gli immigrati non possono essere solamente economici e previdenziali. Occorre che ci si preoccupi seriamente di salvare l'identità propria della nazione. L'Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza un'inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indisciminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di Umanesimo e di civiltà che non debba andare perduto".
E ovviamente sottolinea come  in vista di una fruttuosa convivenza nonché auspicabile integrazione, le autorità civili e politiche non dovrebbero trascurare di analizzare le diverse "condizioni di partenza dei nuovi arrivati".
"Sotto questo profilo, il caso dei musulmani va trattato con una particolare attenzione. Essi hanno una forma di alimentazione diversa dalla nostra, un diverso giorno festivo, un diritto di famiglia incompatibile col nostro, una concezione della donna lontanissima dalla nostra (fino ad ammettere la poligamia). Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, sicché la perfetta immedesimazione tra la fede e la politica fa parte della loro confessione indubitabile  e irrinunciabile, anche se a proclamarla e a farla vedere aspettano prudentemente di essere  diventati  preponderanti (ndr: allusione alla pratica della taqiya, la dissimulazione).
Alla domanda se l'Europa sarà cristiana o non sarà, Biffi risponde con estrema lucidità.
"Io penso che l'Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è "la cultura del niente" della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale che sembra essere l'atteggiamento dominante nei popoli europei, tutti più o meno ricchi di mezzi ma poveri di verità. Questa cultura del niente (sorretta dall'edonismo e dall'insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'Islam che non mancherà: solo la riscoperta dell'avvenimento cristiano come unica salvezza per l'uomo - e quindi solo una decisa resurrezione dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso".
Pochi giorni dopo, il 30 settembre 2000, Biffi stilò un elenco delle nazionalità da favorire: latino-americani, filippini, eritrei, europei dell'Est. Poi via via gli asiatici induisti, buddisti ecc. Il criterio è laico e non razziale, quello dell'inserimento più agevole e meno dispendioso. Chiese ,in detta nota, la reciprocità in materia religiosa con gli stati islamici.
Apriti cielo! Fiumi di accese polemiche a non finire anche all'interno della stessa Chiesa.  Primi fra tutti Don Zega ex direttore di Famiglia Cristiana. Poi, come è ovvio, il leader dell'UCOII (fratelli musulmani) Hamza Piccardo. Don Vitaliano Della Sala, il prete no global denunciò Biffi per odio razziale. Tra i laici, Mario Pirani di Repubblica, Michele Serra che lo accusò di volere la legge dell'occhio per occhio, dente per dente. A sinistra Biffi fu difeso solo da Giovanni Sartori. A destra, dalla Lega. In quegli stessi giorni il vescovo di Como Alessandro Maggiolini gli offrì (tra i pochi) supporto dichiarando: "Non esiste il diritto di invasione e di converso non c'è il dovere di lasciarsi invadere".
Poi avvenne quel che sappiamo: l'11 settembre 2001, l'11 marzo 2004, il 7 luglio 2005  e il cardinale bolognese, attualmente a riposo (ma non nella sua mente), lì a ribadire che non si può eludere la questione islamica tenendola separata dalla questione del terrorismo quasi che esso fosse senza radici e senza matrici culturali. A Biffi curiosamente  toccò lo stesso destino di Oriana: amato dal popolo, vilipeso da intellettuali e politici. 
La settimana di ferro, di fuoco e di violenze di ogni genere della Francia ci riporta alla ribalta quelle sue stesse intelligenti indicazioni fatte in tempi non sospetti. 
"Non si può integrare chi non ama la Francia nella Francia che professa di non amarsi", asserisce con vigore l'intellettuale ebreo-francese Alain Finkielkraut, inorridito da quanto accade nelle banlieues. E racconta al Foglio che era già tutto scritto in un rapporto del ministero della Pubblica Istruzione, "dove gli studenti alla domanda sulla loro nazionalità, ripondevano musulmana e non francese e dicevano di rifiutare i filosofi dell'età del Lumi. Ovvio che rifiutino l'integrazione: il volto della Marianna non può limitarsi a essere solo quello attraente ma secolare di Brigitte Bardot,  di Catherine Deneuve o di Laetitia Casta. Alla République è stato inferto un vulnus  assai grave. Un viol  (stupro, in francese) di cui recherà danno per molto tempo. Poiché, come ha preconizzato il card. Giacomo Biffi, l'Europa che davvero vuole risorgere  e preservarsi dagli assalti brutali sarà cristiana o non sarà affatto.

08 November 2005

Alle origini delle fiamme di Parigi


Quel che stiamo vivendo in questi ultimi 12 giorni, in queste ore a Parigi e per tutta la Francia era già tutto previsto. Chi lo ha fatto si è beccato il titolo di Cassandra menagrama, l'accusa di chi vuole fomentare lo scontro di civiltà. Inoltre l'epiteto di razzista e di xenofobo è sempre pronto per tutti coloro che si oppongono a orde di migrazioni selvagge e sono fautori di un'integrazione strettamente sorvegliata e governata in Europa: prima fra tutti il povero Pim Fortuyn, il leader olandese barbaramente assassinato in circostanze ancora tutte da chiarire. La parola a chi ha saputo vedere le fiamme prima che divampassero.

Nel 1993 la Francia emanò una legge che bandiva l'immigrazione dei poligami e autorizzava l'espulsione di quelli che erano già entrati e quindi vivevano con più mogli. Ma i maccabei del Politically Correct e i terzomondisti del vittimismo si misero a strillare in nome dei Diritti-Umani e della Pluralità Etnico-Religiosa. Accusarono i legislatori di intolleranza, razzismo, xenofobia, neo-colonialismo, ed oggi in Francia gli immigrati poligami li trovi ovunque (da "La Forza della Ragione di Oriana Fallaci- p. 55).

A Strasburgo l'Associazione Parlamentare per la Cooperazione Euro-Araba istituì addirittura un comitato permanente di ben 360 funzionari da tenere a Parigi. Quasi nel medesimo tempo la rivistina col terrificante nome di Eurabia venne alla luce, e con ciò eccoci alla prova che nel 1975 l'Europa era già stata venduta all'Islam (...) (p.149 op. cit.)
Tra i provvedimenti speciali della suddetta Associazione:
...Anzitutto "l'esigenza di mettere gli immigrati e le loro famiglie in grado di praticare la vita religiosa e culturale degli arabi". Poi "la necessità di creare attraverso la stampa e i vari organismi di informazione un clima favorevole agli immigrati e alle loro famiglie". Infine, quella di "esaltare attraverso la stampa e il mondo accademico il contributo dato dalla cultura araba allo sviluppo europeo". Temi questi che vennero ripresi con le seguenti parole: "Insieme all'inalienabile diritto di praticare la loro religione e di mantenere stretti legami coi loro paesi d'origine, gli immigrati avranno quello di esportare in Europa, la loro cultura...". (p.151-152 da "La Forza della Ragione").
Chi arriva in Europa provenendo da un paese musulmano è incoraggiato all'isolamento autoimposto o favorito dal contesto delle comunità islamiche che tentano tutte di conservare lo stesso atteggiamento nei confronti del mondo esterno. La Lega araba europea, un'associazione di difesa dei musulmani operativa in Belgio e in Olanda dichiara di credere nella "società multiculturale come un modello politico e sociale dove culture differenti coesistono con diritti uguali sotto la stessa legge". Respinge con sdegno l'idea di un'assimilazione o integrazione nella società europea. "Non vogliamo essere assimilati o diventare una specie di via di mezzo. Vogliamo mantenere la nostra identità, insegnare ai nostri bambini la lingua, la storia araba e la fede islamica" ( "Fiamme multiculturali" da il Foglio di venerdi 4 novembre - editoriale a cura di Giuliano Ferrara ).
Non è il generico mondo degli "extracomunitari" a scatenare le rivolte - ora e in futuro, oggi in Francia, domani qui - ma una sua componente precisa e ben identificabile, quella islamica. In Europa, infatti, non ci sono mai state ribellioni, né spontanee né organizzate, da parte delle comunità filippine, dell'Est, o del Sud America, assai più numerose di quelle musulmane. Il discrimine è dunque quello religioso: da una parte gli extracomunitari ebrei, cattolici o cristiani, che si integrano più facilmente, pur tra mille difficoltà, nel nostro tessuto sociale; dall'altra le comunità islamiche riottose ad accettare le nostre regole, le nostre usanze e tendenti invece a imporre regole che garantiscano la loro diversità, se non ancora a tentare di imporla a tutti. E' il mondo islamico, del resto a essere aggressivo verso i diversi e gli infedeli". ("Violenza islamica" da "Il Giornale" di domenica 6 novembre - editoriale a cura di Giordano Bruno Guerri).
Sono questi, tre tipi di interventi che ridimensionano profondamente le anguste interpretazioni tipiche del sociologismo anni '60 che la maggior parte dei giornali e dei media tende ancor oggi ad accreditare: quelle del degrado delle periferie, degli agglomerati urbani istigatori di odio e di discordie, della ghettizzazione e della segregazione (anche se cercata e autoimposta). Va inoltre aggiunto che in queste banlieues parigine i primi a tagliare la corda sono stati cittadini ebrei, seguiti a ruota da indiani. Le ragioni sono fin troppo evidenti! Ma di questo si tace sia sui giornali francesi che su quelli italiani. Ivi compreso sul nostro Corriere della Sera che ieri concedeva un'intervista a Oreste Scalzone di Potere Operaio: più che Scalzone, un vero mascalzone, viste le sue posizioni sul terrorista Cesare Battisti. Sono personaggi che in queste ore è meglio perderli che trovarli. Invece si offre loro una visibilità mediatica del tutto fuori luogo.

02 November 2005

La guerra di Piero e gli elogi del Corriere

Caduto nella nassa di Nessie: Piero Fassino
 
Oddio! Pescare Piero Fassino non è pesca grossa. In nessun senso. Specialista nel fare il Re Tentenna, ogni volta che il povero Piero  fa un passo avanti, è costretto a farne poi due o tre indietro. Perciò - mi chiedo io - che cosa ha detto  e fatto di così straordinario per meritare di essere oggetto di elogi sperticati da parte di Pierluigi Battista sul Corriere, il quale gli ha dedicato nientemeno che un recente editoriale?! Mah...ha detto che andrà alla fiaccolata del 3 novembre per il diritto all'esistenza di Israele, manifestando davanti all'Ambasciata iraniana.
Lodevole da parte sua, ma a dire la verità, Fassino non è nuovo a queste trovate. E non fa in tempo ad annunciarle che, se anche non le mette in atto, ecco la stampa più accreditata, già bell'e pronta lì a  spellarsi la mani e ad applaudire. Calma, calma. Aspettiamo a vedere come evolvono le cose. E quasi sempre finisce che tra il dire e il fare c'è di mezzo quel che sappiamo. La stampa di prestigio si commosse fino alle lacrime, quando l'indomani delle elezioni irachene, lui affermò che i veri resistenti erano loro, gli elettori e le elettrici iracheni col dito blu, accorsi in massa alle urne a rischio di saltare per aria. Poi sull'Iraq si votò in Parlamento per rifinanziare la missione di peace keeping dei nostri soldati a Nassiriya, ma Fassino e i suoi votarono contro.  E il prode Corrierone multicolor? Credete forse che gli rinfacciò l'incongruenza?
Domani non credo che ci sarà il Mussi (detto il piccolo hitler toscano) lì in corteo con lui. E nemmeno i suoi compagni dell'Unione arcobalenista Rizzo, Diliberto, Cento, Pecoraro Scanio  e Bertinotti. Perché Piero la sua guerra contro il terrorismo del fondamentalista  iraniano Ahmadinejad e contro le relative minacce d'estinzione a Israele, se  la farà solitaria e in singolar tenzone. Anzi, "a titolo personale". Mi piace questa faccenda del  a-titolo-personale. Quando c'è stato da mobilitare tutto l'apparato organizzativo dei DS contro il ddl Moratti, il Piero ha dimostrato di essere ben capace di scendere in campo con la sua gioiosa macchina da guerra. Perché non in questa occasione? Ma soprattutto perché al Corriere Pierluigi Battista, Paolo Franchi, Massimo Franco o Michele Salvati non glielo ricordano?
Un'iniziativa geniale  e meritoria quella di Giuliano Ferrara e de Il Foglio. Non solo giusta e sacrosanta per saggiare chi sono davvero gli amici, i falsi amici e i nemici di Israele. Ma anche per rilevare il potenziale livello di unità e di coesione della cosiddetta Unione.
E in politica estera sappiamo che a sinistra cascano sempre gli asini e gli asinelli alla Parisi. Ma perché Fassino, dello schierarsi in modo unitario per il diritto all'esistenza di Israele, non ne fa un punto d'onore per il suo partito? Beh, io ho una mia personale opinione nel merito.
-  Fassino sa che il suo partito si spaccherebbe, poiché molti dei suoi quadri antisionisti se ne andrebbero nel Prc con Bertinotti
   (lo ha fatto anche Pietro Folena per altre questioni politiche).
 - Fassino non è un vero leader capace di prendere decisioni e misure impopolari, ma un apparatchik erede di una vecchia 
   concezione di partito, basata sul centralismo democratico.
 - Siamo già entrati in campagna elettorale e presentare agli occhi degli Italiani un partito disarmonico e un'ancor più disarmonica     coalizione, non è per lui conveniente.
Ergo, domani Piero sfilerà in corteo. A titolo personale, ovviamente. Pronto ad altri tentennamenti su altri questioni cruciali di politica estera: un passo  avanti e due indietro. A proposito, ma non era Lenin il teorico di questa singolare danza?

26 October 2005

Vogliono darci un '68 forever?

Herbert MarcuseL'Italia è l'unico paese d'Europa e d'Occidente dove il '68 dura dalla bellezza di 37 anni. Perché?
Il '64 americano all'Università di Berkeley è passato in fretta. Il maggio francese, pure. In reazione a quest'ultimo, nacquero alcuni brillanti pensatori come Glucksmann, Guattari, ecc..
La risposta è semplice e complessa ad un tempo. l'Italia è l'unico paese d'Occidente che dispone del più imponente Partito Comunista, dal 1921 a oggi. Non importa che ora si chiami DS, Quercia senza e con la rosa ecc. Importa che da quello vecchio, dissoltosi dopo la caduta del Muro di Berlino, ne sia rimasto pressoché intatto tutto l'apparato organizzativo (Sindacati, Coop rosse, Unipol, Banche, pastifici di Corticella ecc.). Inalterato perfino anche dopo Tangentopoli, che lo sfiorò solo assai marginalmente. Che ora l'ex PCI si dichiari "moderato", " europeo" e "riformista" non cambia affatto la solfa. Forse mi sono distratta, ma l'indomani della caduta del Muro di Berlino nel '89 di autocritiche sugli errori (ed orrori) del comunismo, io non ne ho sentite, da parte loro. Ho solo assistito ad abili operazioni trasformistiche di facciata: simboli, loghi, manifesti elettorali, il discorso di Occhetto alla Bolognina, qualche timida operazione di abiura. Come inalterato è rimasto il tasso di conflittualità ogni qualvolta non vincono le elezioni politiche.
Ricordate Togliatti e la doppia identità parlamentare/insurrezionale? Da una parte il doppiopetto in Parlamento, dall'altra le insurrezioni di piazza con violenti scioperi, barricate e spranghe? I fatti di questi giorni sono eredi di allora. Con l'aggravante che la frammentazione dell'ex Partito Comunista nei partiti più piccoli PRC di Bertinotti e PdCI di Diliberto, dei Verdi, genera ancora più confusione e moltiplicazione di "cattivi maestri". I quali, in Parlamento sfoggiano rassicuranti grisaglie, in piazza fomentano disordini coordinando teppisti a gogò. Ogni volta che esplodono fatti come quelli di questa settimana (a Torino nella Chiesa del Carmine dove hanno lanciato petardi, orinato sui muri e scritto "con le budelle dei preti impiccheremo Pisanu"; a Bologna contro il loro sindaco "rosso" Cofferati, reo di far rispettare la legge; all'Università di Siena contro il Presidente del Senato Marcello Pera; a Roma davanti alla Camera dei deputati assediata per tutta la giornata da un'insolita fauna di disubbidienti, incappucciati, no global, punkabbestia, farfalle rosse, cobas, collettivi, resistenti ecc.) - ogni volta che accade tutto ciò, ecco chiedersi: vogliono un nuovo '68?
Sarebbe più esatto chiedersi il perché da noi il '68 non è mai passato una volta per tutte, né veramente archiviato. La risposta sta nel tasso di conflittualità antidemocratica, rissaiola, demagogica e piazzaiola che la sinistra ha ereditato dal vecchio PCI - erede del partito "di classe" (quella operaia).
Già ma le altre classi? Chissenefrega...loro se ne infischiano.
Ecco dunque ogni anno il calendario degli autunni "caldi", con i soliti Ottobri "rossi". Delle primavere "arcobaleno" o "uliviste". Con gli Aprili alla Nanni Moretti.
Arriverà l'estate del 2006 prima o poi! E allora i neo/vetero/postsessantottini del III millennio (quale che sia la pittoresca sigla dietro cui si nascondono) da tupamaros diventeranno miracolosamente dei desaparicidos : le vacanze piacciono a tutti, senza distinzioni di sigle e schieramenti.
Fino al prossimo autunno. Metereologicamente prevedibile: caldo e rosso. Per i prossimi 50 anni continuerà, inesorabile, questa stessa perenne lagna del '68 forever?
Beh, in questo lasso di tempo, potrebbe capitarmi anche di morire. Ma non di noia, spero...Proprio non lo sopporterei.

24 October 2005

Il Lochness aforisma del dì che fugge














H5N1

Morire in guerra è morire da eroi,
compiere un attacco terrorista è morire da kamikaze,
subire un attacco terrorista è morire da veri martiri.
Morire di pollo... Dio mio, che morte poco intelligente!

Nessie (ma non Nesci)

21 October 2005

Santoro, da Masaniello dell'etere a Filippo Uguaglianza

Torna a casa Nessie...
O meglio, torna a bomba col telecomando. E telecommento in corsivo. Ieri sera (giovedi 20 ottobre) mancava solo la marcia trionfale dell'Aida  per il rientro di Santoro, l'agit-prop dell'agorà televisiva. La trasmissione di Celentano Rockpolitik su Rai 1 è  una delle sue solite interminabili teleprediche all'insegna di un buonismo cerchiobottaro di cui francamente non si sentiva la necessità. Sapevamo già quali erano gli ingredienti della costosa minestra: un po' di ecologismo (case su case/catrame e cemento...), alcune  critiche ai reality show della Tv (di cui poi si serve astutamente), qualche spot a fumetti contro la guerra, la politica, la destra, la sinistra, il rimpianto per come eravamo, tanti soliloquii con pause interminabili , un po' di rock-canzonetta  e ovviamente qualche ospite. Fra questi, come annunciato con ridondanza, Michele Santoro, il quale non è che abbia dato le dimissioni da europarlamentare per la bella faccia di Celentano, come si può ingenuamente pensare. Ma perché, - come ha sottolineato il critico Aldo Grasso a "Otto e mezzo" da Ferrara -  chi glielo fa fare di prendere aerei, buscarsi stress, presenziare a pallosissime riunioni parlamentari, quando c'è Mamma Rai a casa propria?
Meglio rimanere nelle adiacenze sbandierando il "reintegro" (orrenda parola in sindacalese che sta ad indicare la reintegrazione del suo ruolo di conduttore). Eppoi non dimentichiamo che è in discussione una legge per dimezzare i cachet degli europarlamentari italiani considerati i più elevati. Dunque, i conti tornano e il gioco non vale più  la candela.
All' Europarlamento di Strasburgo non sentiranno affatto la sua mancanza, visto che lassù ha fatto due soli interventi in 16 mesi: la prima interrogazione è sul luogo da destinare allo stoccaggio dei rifiuti in Campania (annosa questione); la seconda  è un'interpellanza  relativa ai server di Indymedia, il sito dei no global. "E' ammissibile" - chiedeva indignato - che gli organi di informazione europei diventino oggetto delle norme liberticide del Patriot Act?". In ciò  fu affiancato, manco a dirlo, da Lilli Gruber, la Teresa di Calcutta dei "resistenti iracheni" (cioè dei kamikaze).
Ma torniamo a ieri sera. Santoro ha esordito in scena con un inquietante silenzio "celentanesco" tanto per suscitare suspense. Poi ha chiesto un microfono e subito dopo ha detto con arroganza dissimulata che  quello non era il  suo  microfono, ma era quello di Adriano. "Rivoglio il mio microfono, il mio studio, le mie luci...Ritorno e vado fino in fondo".
Promessa o minaccia? Vai a saperlo.
Quando dovette lasciare gli studi televisivi di Via Teulada canticchiò Oh bella ciao! facendosi passare per perseguitato. Ieri sera ha preso commiato dal suo ospite e dai telespettatori esortando ad alta voce: W LA FRATELLANZA! W L'UGUAGLIANZA! W LA CULTURA! W LA LIBERTA'! 
MIchele Santoro giornalista Masaniello e arruffapopolo dell'etere, eurodeputato, e ora anche Filippo Uguaglianza (Philippe Egalité) della Rivoluzione francese. Decisamente Leopoldo Fregoli ci ha lasciato in eredità stupefacenti eredi teatrali dalle molte maschere.

18 October 2005

EuroJihad: dalla simulazione alla realtà

EurabiaSi vis pacem para bellum è un antico proverbio latino mai abbastanza applicato da noi in Europa. O Eurabia, a seconda delle convinzioni. Certo, si svolgono le simulazioni ed esercitazioni di attacchi terroristi a Milano, a Roma, come a Londra, come pure nella stessa Olanda, già teatro di recenti scontri all'Aja tra una cellula marocchina affiliata al gruppo dei fondamentalisti islamici dell'Hofstadt (quella responsabile dell''omicidio di Theo Van Gogh) e le forze dell'ordine. Ma queste simulazioni, vengono fatte con notevole ritardo rispetto all'incalzante avvicendarsi dei fatti. Siamo in corsa contro il tempo, come al nostro solito. Un po' come si fa con l'influenza aviaria e i vaccini non disponibili.
Presto per i terroristi islamici non sarà affatto necessario andare lontano da casa in Iraq, in Afghanistan, nei territori palestinesi, nel Kashmir o nel Caucaso, per combattere la loro Jihad. Ci sono già segni palesi che gli islamisti stanno organizzando un loro esercito europeo. Un rapporto indica che centinaia di musulmani europei, reduci dall'Afghanistan cercano di addestrare schiere di nuovi adepti, di comprare armi al mercato nero (sempre europeo), di noleggiare ritrovi balneari isolati o casali in aperta campagna per incontri di addestramento. Che la guerra di intelligence sotterranea già attiva in tutta Europa, potrebbe diventare da un momento all'altro incandescente e alla luce del sole, lo dicono gli ultimi sviluppi di una mattinata senza precedenti all'Aja (quella del 14 ottobre u.s.) con un Parlamento olandese circondato per tre ore dalle forze dell'Ordine in assetto di guerra alle prese contro sette giovani attentatori di nazionalità olandese, ma figli di genitori marocchini ( tra i 18 e i 30 anni). Giovani islamisti che il Corriere della Sera nell'articolo di Giuseppe Sarcina (sabato 15 u.s.) chiama nel linguaggio politically correct sospetti terroristi. Sospetti? Più flagranza di reato di questa, non so cos'altro ci si aspetti!
Una tale crociata islamista potrebbe prendere la forma di una guerriglia diffusa in stile IRA, nella quale i ghetti islamici creati da un ottuso multiculturalismo, servirebbero sia da base che da nascondigli. Tira il fiato il ministro degli Interni olandese Joahan Remkses dopo l'avventuroso blitz poliziesco:"Abbiamo sventato una grande minaccia". Sì, ma sventata fino a quando?
Mohammed Bouyeri lo aveva promesso: l'assassinio di Van Gogh sarebbe stato solo un primo passo. E la realtà è già qui, sotto i nostri occhi. E' del giorno prima (giovedi 13) la notizia che a Nalchik nel Caucaso, un piccolo esercito di terroristi ceceni (che sempre il Corriere definisce "un piccolo esercito di combattenti pro-ceceni") ha lanciato una serie di attacchi simultanei a edifici della polizia e dell'esercito russo. E che questi terroristi fossero sotto la direzione di quel Shamil Basayev già pianificatore dell'assalto criminoso alla scuola di Beslan. Se dovesse risultare vera l'esistenza di una regìa globalmente cooordinata (come in una spy story) ciò dimostrerebbe che mentre esiste una holding mondiale del crimine a sfondo politico-religioso in grado di coordinarsi come una sorta di Spectre ad ampio spettro (scusate il bisticcio), esiste di converso, un'Europa imbolsita che annaspa faticosamente e che non è in grado di coordinarsi nemmeno tra le intelligence e le Magistrature dei vicinissimi paesi membri.
Per tornare all'Olanda e allo spirito delle sue leggi, vale quanto già avviene in Italia da noi. Gli olandesi non possono contarci per sentirsi per davvero protetti e difesi. Come in altri paesi d'Occidente, da 30 anni a questa parte , per assecondare l'ideologia di sinistra, la legge è stata distorta e indebolita al punto che talora può costituire un intralcio alla lotta contro il terrorismo islamico, anziché un baluardo a difesa dei cittadini. Furono, ad esempio, dei cavilli legali che impedirono lo scorso anno la condanna di 12 musulmani olandesi, rei di avere aiutato un'organizzazione terrorista nord-africana. Mentre nel 2002 furono messi in libertà dal tribunale di Rotterdam, altri 4 terroristi islamici, accusati di aver progettato di mettere una bomba all'ambasciata USA di Parigi. Leggi concepite a garanzia dei diritti umani. Sì, ma ai nostri diritti alla sicurezza e all'esistenza chi ci pensa? O non sono considerati sufficentemente umani? Ora staremo a vedere che ne farà la Magistratura olandese di questi "magnifici sette" (sic!).
Concludendo, per l'Europa e per buona parte dell'Occidente è scoccata l'ora del Lupo (homo homini lupus) ed è inutile fingere di non vederlo continuando a crogiolarci in illusorie utopie di stampo multiculturalista. Col rischio comune (e comunitario, visto che siamo nell'Ue) di eccidi, stragi e massacri violenti come già è accaduto a Londra il 7 luglio; di erosione sistematica dei nostri valori e dei nostri modelli di cultura e di vita.Per questo è necessario da parte degli stati sovrani assumere pieni poteri legislativi al fine di garantire la nostra incolumità. E' necessaria pure da parte dei mass media, sovente paladini della political correcteness, una maggior consapevolezza che siamo in guerra, ancorché guerra asimmetrica. Nel caso dell'Olanda, il primo paese europeo che attuò la liberalizzazione delle droghe, vale la pena di ricordarle che il sonno (oppiaceo) della Ragione è destinato a generare dei mostri. Urge pertanto un brusco e immediato risveglio e un maggiore istinto di conservazione della specie. La nostra.

14 October 2005

Benigni, giullare scioperato ma crumiro

Il corsivo di Nessie
 
Ricordate la famosa frase di D'Alema quand'era presidente del Consiglio e faceva i cortei contro se stesso? "Noi siamo partito di governo e partito d'opposizione". Ovvero l'assoluto metafisico. Beh, forse D'Alema non lo sapeva ma era un seguace di Hegel. La sua è una forma di assolutismo prussiano (altroché lotta la relativismo!) che ha fatto scuola. E che scuola! Roberto Benigni sciopera contro il governo e i tagli della finanziaria alla cultura  e allo spettacolo, a Roma in compagnia di tanti altri suoi ricchi e famosi colleghi del cinema e del teatro, per poi  tenere aperto a Milano i locali cinematografici dove si proietta il suo film "La Tigre e la Neve". Perchè? Perchè non vuole perdere l'incasso della giornata, avvantaggiando la concorrenza. Dunque in perfetta linea col discorso dalemiano di partito di governo- partito d' opposizione, anche il Robertino nazionale capisce e si adegua.
Giullare scioperato ma crumiro. A Roma , contestatore, a Milano, incassatore.Di royalties, naturalmente. Dopotutto a Roma la vita è dolce (oltre che bella). Mentre a Milan "se stà mai coi mani in man" . L'ossimoro e la contraddizione in termini è la nostra vocazione nazionale. Ricordate le convergenze parallele? Inoltre, non l'abbiamo forse inventata noi la maschera di Arlecchino, servo di due padroni? Capitalismo e comunismo. Ovvero, come ti concilio l'inconciliabile. Ma il nostro è pure il  Bel Paese del Paradosso. E ne volete sentire uno? Mentre tutti i locali cinematografici che proiettano il film del "comunista" Benigni fanno i crumiri allo scopo di arrangiar quattrini, quelli del gruppo Medusa (gruppo Fininvest) ...sono chiusi per sciopero. Olet o non olet? Questo è il problema.

09 October 2005

Il Cinema Italiano e la rinascita che non c'è (con una stroncatura preventiva su Benigni)

Una volta chiesero al grande produttore Dino De Laurentiis, perché mai fosse andato a lavorare in America disertando il nostro paese. "Perchè è l'unico stato dove non è necessario essere di sinistra per venir considerati intelligenti". Risposta lapidaria, ma meritevole di qualche considerazione.
Ogni qualvolta salta fuori una gracile operina malapena accettabile, da 6 e mezzo per intenderci, sul genere di "Pane e tulipani " di Silvio Soldini (fratello del famoso velista), ecco un'orda di criticonzoli affannarsi a scrivere di rinascita del cinema italiano. Ma quale? Poi arriva "Agata e la tempesta" (parlo sempre di Soldini), che ne è il continuum, e allora tutto rientra a più modeste proporzioni. A dire la verità, nemmeno in altri paesi stranieri il cinema se la passa poi così bene. Ma almeno negli USA uno o due buoni film all'anno, in grado di incrementare l'industria cinematografica, sono capaci di sfornarli. E se proprio manca il cinema d'autore, lo si sopperisce con un dignitoso film di "intrattenimento" di buona confezione. Da noi invece, si ulula sempre al miracolo italiano ma poi è la solita montagna che partorisce il topolino. Il cinema del dopoguerra con registi impegnati politicamente a sinistra (Rossellini, De Sica, Visconti ecc) ha attraversato stagioni fortunate. Ma fin qui, il mezzo era esplicitamente al servizio dei fini ideologici, chiaramente dalla parte dei vincitori. Con ciò, nulla si vuole togliere alla levatura di certi registi e di alcuni ottimi film.
Tuttavia, illuminante, a proposito dell'intruppamento di parte, è stata un'intervista di Franco Zeffirelli ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, dove ammise esplicitamente che molti di quei registi suoi colleghi (tra i quali lo stesso De Sica e Visconti) non erano più comunisti di suo zio l'arciprete, ma che dovettero "spargere il sale" come fecero i cristiani per non venire uccisi ai tempi della Roma imperiale; ovvero fingere d' esserlo per poter lavorare e guadagnarsi prestigio e credibilità nell'ambiente. Di Luchino Visconti, grande decadente nonché aristocratico d' antica famiglia lombarda, si racconta che licenziò in tronco un suo cameriere per essersi dimenticato di spazzolare il suo gatto persiano. "Non che avesse fatto male" - sogghignò con humour Zeffirelli - "ma che c'entra tutto ciò col comunismo?".
Già che c'entra? Siamo al paradosso di De Laurentiis, quello che lo costrinse riparare negli States. E allora a tutti quelli che non fuggono, non resta che fingersi di sinistra pur di essere considerati intelligenti. E di poter lavorare in santa pace.
Andiamo avanti con il boom, il miracolo economico, e con questo, la stagione d'oro della commedia all'italiana. Quella che castigat ridendo mores. Con Pietro Germi, Dino Risi, Mario Monicelli, Luigi Comencini, Luigi Zampa, Franco Brusati, Ettore Scola ecc. Ed eccoci fotografati con cattiveria, un po' di cinismo e di umorismo corrosivo nei nostri difetti, nelle nostre cialtronerie, nelle nostre pigrizie, nei vizi privati e nelle pubbliche ipocrisie. Perfino nelle nostre pateticità ( "Divorzio all'italiana", "Il sorpasso", "I mostri", "I soliti ignoti", "Amici miei", "L' Armata Brancaleone", "Tutti a casa", "C'eravamo tanto amati", "La terrazza" ecc.). In sottofondo, alcuni irregolari come Antonio Pietrangeli, Mauro Bolognini, Valerio Zurlini, Ermanno Olmi, pittori intimisti e discreti della provincia e della nostra letteratura ( "Io la conoscevo bene" di Pietrangeli, "Senilità" di Bolognini; "La ragazza con la valigia" e "Cronache familiari" di Zurlini, "Il posto" di Olmi). Il tutto, mentre i tre grandi maestri Fellini, Visconti e De Sica seguitavano a diffondere per il mondo prodotti artistici di egregia qualità. Fu una stagione molto feconda, felice e di notevole impulso creativo, che fece apprezzare il nostro cinema nel mondo, anche grazie ad attori fuoriclasse come Gassman, Tognazzi, Mastroianni, Manfredi, Giannini, Claudia Cardinale, la Loren, la Sandrelli. Ma oggi? Chi ne raccoglie l'eredità?
Carlo Verdone fa commediole ridanciane, ma seriali. Nemmeno lontanamente paragonabili a quelle citate. Nanni Moretti si guarda troppo l'ombelico sentendosi supremamente intelligente e non perdendo l'occasione per farlo capire ai più, secondo i codici del sinistra-pensiero già denunciati da De Laurentiis. Ciò che non vuol dire esserlo. La battuta folgorante su di lui, l'ha fatta Dino Risi allorché le chiesero alla mostra cinematografica di Venezia, cosa ne pensasse dei suoi film.
"Quando guardo recitare Nanni Moretti mi viene voglia di dirgli:"Fatti più in là che voglio vedere il film"". Non si poteva pensare a qualcosa di migliore per indicare il conclamato narcisismo e la presupponenza dell'ingombrante personaggio autore di filmetti politicamente minimalisti e infarciti di luoghi comuni sinistresi: manca proprio l'ossatura del film e la sua trama. In effetti ciò che è carente nel nuovo cinema (per nulla Paradiso, nonostante Tornatore) dei nostri tempi è una buona scrittura alle spalle.Cioè buoni soggetti e valide sceneggiature. Marco Tullio Giordana e la sua "Meglio gioventù" è un'operazione nostalgica, giustificazionista e assolutoria, di una parte della storia del nostro paese. Ovvero l'impossibilità per gli italiani, di prescindere dal '68 e di esserne in qualche misura, prigionieri .
Roberto Benigni che in alcuni film ha diretto se stesso, sembra il Jolly Joker delle carte: ha sempre la bocca aperta e ride, lui per primo, delle sue stesse gags. Il che non vuole dire far ridere necessariamente gli altri. "La vita è bella" è un flebile filmuccio supportato da un'abile operazione di marketing e non hanno torto gli ebrei nell'averlo criticato per aver banalizzato la shoah riducendola a una grottesca operetta comica. Ora sta uscendo nelle sale cinematografiche il suo ultimo film "La Tigre e la Neve". Non so se andrò a vederlo, solo per avere poi la soddisfazione (invero assai magra) di parlarne male. Sarei masochista. Pertanto azzardo una stroncatura preventiva , quasi certa di non sbagliarmi. Quasi, con beneficio di inventario.
L'idea di parlare del piccolo omino della strada che filtra la caotica realtà dei nostri tempi con occhio poetico e ingenuo (già visibile ne "La vita è bella") non è nuova, ma di chapliniana memoria. E' solo che Benigni non è Chaplin e l'età dell'innocenza nel cinema è finita da un pezzo. Benigni non è affatto quel naif stralunato che vuol farsi passare, ma un furbo contadino, scarpa vecchia e cervello fino. Sa bene che se parlasse troppo male degli americani, si taglierebbe fuori da una cospicua fetta di mercato economico. Perciò ha trovato l'escamotage di mostrare le forze "d'occupazione" senza dirlo. Con un abile espediente di semantica filmica li ha fotografati come dei "non liberatori", contrariamente a "La vita è bella" dove li ha coccolati. Però poi strizza l'occhiolino all'attualità, con la morte di Nicola Calipari. Non rinuncia allo striscione salvifico arcobaleno, quale demiurgo di una pace universale a lungo invocata. Ma soprattutto continua a fare i soliti saltelli da zompariello ammiccante e a ridere da un orecchio all'altro come il Jolly Joker. Smile? Massì, sorridi pure, dato che nel Benigni-pensiero la vita è mediocremente bella perfino in Iraq in mezzo agli uomini-bomba (resistenti?). Basta essere accanto alla moglie Nicoletta Brasca, attrice di modestissime doti espressive. Eppure voglio proprio vedere quali fiumi di oro, incenso e mirra verseranno i critici più ciambellani e lacché dei nostri mass media, non appena dal 14 p.v. verrà proiettato nelle sale cinematografiche. Il solito Mereghetti lo metterà nella sua enciclopedia del cinema con almeno tre palle di voto.°°°
Che cosa manca al nostro cinema per risorgere? Idee nuove, creatività, entusiasmo, talenti, schiere di buoni sceneggiatori, spirito d' iniziativa e d'équipe. In altri termini, il coraggio di saper fare del cinema lo specchio attento di un'italianità nuova che magari stenta a farsi strada, ma che c'è. Ma soprattutto, manca un'industria dello spettacolo svincolata dalle solite camarille politiche e partitiche, la quale purtroppo, allo stato attuale, elargisce straccamente fondi economici, premi e promozioni ai soliti noti della solita scuderia. Quella "rossa" ovviamente. Dove si punta su bardotti e ronzini, facendoli passare per cavalli di razza.

03 October 2005

Il cardinale Ruini, i PACS e la crociata laicista

Franco Grillini dell'Arcigay lo aveva promesso: un PACS al giorno. E' solo che quando i contestatori fecero irruzione attraverso i soliti gruppuscoli dell'estrema sinistra autobattezzatisi "Farfalle rosse", alla conferenza indetta da "Liberal", inalberando i cartelli di protesta, non immaginavano di sentirsi replicare PAX ET BONUM dal cardinale Ruini. Il quale si limitò a sorridere bonariamente ai fischi e agli slogan dando prova di un perfetto aplomb. Diciamo pure la verità: i Pacs per le coppie "di fatto" eterosessuali è più o meno il passepartout attraverso il quale autorizzare ed estendere detti patti per le coppie omosessuali; e Prodi, mostrandosi disponibile, ha fatto la sua solita furbata elettoralistica, mettendo a tacere la sua coscienza di cattolico. La Chiesa, da sempre assai vigile sui temi di grande rilevanza morale, ha giocato né più né meno il suo ruolo storico di strenuo difensore del sacramento del matrimonio e dell'istituto della famiglia. Diffidare dalle imitazioni dunque. E la convivenza chiamata altrimenti "piccolo matrimonio" lo è. Dov'è dunque lo scandalo "integralista"e "fondamentalista" di cui tanto si è blaterato sui mass media? E perchè mai questa forsennata crociata laicista anche da parte dello stesso Corriere della Sera?
Le coppie eterosessuali dovrebbero, in caso di Pacs, sottoscrivere una serie di diritti/doveri contemplati dal Codice Civile, assai simili a quelli del matrimonio. E tuttavia, non avendo contratto alcun vincolo istituzionale (né civile né religioso) dovrebbero godere di una serie di diritti quali: la reversibilità della pensione, i contratti d'affitto, i diritti d'eredità ecc. E i doveri? Beh, quelli toccano solo alle coppie legalmente sposate. E' naturale che si creino così i classici "figli e figliastri". Chi più dà allo Stato in termini di oneri, sacrifici, tributi, sono coloro che riceverebbero minori riguardi, rispetto a chi non vuole contrarre alcun impegno. Stante così le cose, che ci si sposa a fare? Tanto vale convivere "more uxorio" e avere tutti i vantaggi del matrimonio, senza però dover sottostare agli stessi obblighi. Non è un caso che mentre oggi lo Stato fa pochissimo per una vera politica della famiglia, si pretendano e si rivendichino diritti nei confronti delle "non-famiglie". Ma c'è una più sottile questione etica tra quel che sono le scelte individuali e quel che rappresentano le scelte collettive e pubbliche. Tralasciamo la questione dei PACS tra gay e soffermiamoci per il momento solo sulle coppie "etero" che scelgono liberamente di andare a convivere. Si tratta di una scelta rispettabile, ma strettamente individuale. Perché allora pretendere che lo Stato si faccia garante di una mia precisa libertà, senza che io mi assuma alcuna responsabilità davanti a un'autorità civile (il sindaco) o religiosa (un sacerdote)? Ancora una volta si confonde la parola "libertà" con il concetto di "licenza". E si pretende di ottenere una libertà (con gli annessi diritti), senza alcuna responsabilità (con gli annessi doveri). Di più, si chiama in causa lo Stato affinchè legittimi scelte individualistiche. Minima moralia o minima amoralia?
Ecco perché in mancanza di una vera forza politica capace di affermare con fermezza questi importanti principi, non resta che la Chiesa e il cardinale Ruini. Ed ecco perché oggi intellettuali come Galli della Loggia e Giuliano Ferrara guardano con interesse a questi nuovi interessanti sviluppi. La sinistra e i suoi gregari, come al solito sono rimasti al Paleolitico, perfino in materia di morale. Il suo zapaterismo e lassismo di remote discendenze veterosessantottine sono solo strumenti male in arnese, per fare demagogia e acchiappare voti.

28 September 2005

Saremo l'ultima generazione di monogami?

Compaiono di tanto in tanto i cattivi profeti del relativismo etico anche sui quotidiani e on line. Un certo Robert Dunbar, docente di psicologia dell'età evolutiva all'Università di Liverpool, ha scritto che il detto matrimoniale "finchè morte non vi separi" è destinato al museo delle cere. La vita si è allungata e l'occasione fa l'uomo ladro. E anche la donna ladra, ovviamente. Perciò la poligamia sarebbe il modello inevitabile delle società postmoderne. Inoltre si ricorre alla solita trovata biologica degli animali poligami per natura, del tutto immemori che scopo principale della cultura umana e sociale è proprio quello di sottomettere la natura e gli istinti pulsionali. Ma non è forse vero che esiste già di fatto una poligamia legalizzata nel divorzio e nella possibilità di contrarre più unioni nella vita? - si chiedono sempre i soliti esperti. Personalmente non la vedo affatto in questo modo. Esiste nell'istituto del divorzio, la possibilità di fare chiarezza e di assumersi le proprie responsabilità in caso di naufragio matrimoniale. In altre parole, se una coppia entra in una crisi irreversibile, non è detto che non ci possa essere una rinascita attraverso un nuovo legame affettivo e un nuovo progetto. Non è un caso che i primi a istituirlo e a farne uso sono stati i paesi nordici e protestanti. In Italia, paese cattolico si ebbe il divorzio solo dopo il referendum sulla Legge Fortuna-Baslini del 1974. Prima i cattolici osservanti dovevano sottomettersi alla Sacra Rota. Nonostante l'istituto del divorzio in vigore, i paesi latini assumono un'etica assai disinvolta al riguardo. Prova ne è stata quando alla morte del presidente francese François Mitterand ci furono le solenni esequie di stato. Al funerale comparvero la moglie, i figli, e più in disparte l'amante e la figlia naturale. Insomma la tendenza a volere la luna e il pozzo, sembra tipica degli uomini di potere dei paesi latini, malgrado la possibiltà di divorziare. Tutto ciò fa sì che numerosi musulmani assai critici verso la società occidentale puntino il loro indice accusatore, contro quella che a loro dire appare una forma di "poligamia ipocrita e velata". Le cose in realtà non stanno esattamente così. Prima di tutto esistono coppie monogame e fedeli, dedite al lavoro e a educare figli. Ma quelle non fanno testo né notizia. Il perchè è presto detto: la virtù è assai più noiosa del vizio e i mass media non se ne occupano. Le fiction televisive, il cinema e la letteratura hanno sempre evitato di parlarne e di magnificarne le qualità, poichè per dirla con Flaubert "coi buoni sentimenti, si fa solo cattiva letteratura". Ecco allora fiorire la letteratura dell'adulterio in romanzi come "Madame Bovary", (Flaubert), "Anna Karenina" (Tolstoij), o il romanzo libertino del '700 ("Les liaisons dangereuses" di Laclos). E con i romanzi, anche i relativi prodotti cinematografici e televisivi. E tuttavia il bisogno di unitarietà vince sempre sulla frantumazione della molteplicità di esperienze sessuali e sentimentali, perfino nella morale finale di detti romanzi. Nella religione e cultura cristiana la monogamia diventa "comandamento" che si fa "sacramento". E quindi da "sacramento" a "famiglia", istituzione ben radicata nella società. Tutto ciò permette di crescere i figli con modelli di riferimento stabili, con la certezza della paternità e della maternità, ma soprattutto avviandoli a loro volta alla lotta per la vita, al lavoro, allo studio e ad un possibile sviluppo e futuro. Si pubblicano curiose teorie psicologiche basate sul solito relativismo etico secondo cui ci sarà in futuro un maggior bisogno di "trasparenza" e che pur avendo amori prevalenti, non si disdegnaranno quelli occasionali. Purchè dichiarati, come tali. Dirò subito che questo tipo di "glasnost" del sesso, non è così facilmente applicabile. Nessun uomo innamorato accetta di essere condiviso con un altro (quantunque "non prevalente"). E viceversa nessuna donna che tiene al proprio marito o fidanzato. Chi ama contrae un patto implicito di fedeltà, devozione, fiducia reciproca che si fa progetto. Questo modello, pur tra mille trappole, contraddizioni ed errori, è così persistente che perfino i gay oggi lo rivendicano a sé e vorrebbero omologarsene. Sbagliando, ovviamente. Poichè per fare un famiglia ci vuole un uomo, una donna e dei figli. La mia risposta al quesito del titolo sopra riportato? No, non saremo l'ultima generazione di monogami.