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26 October 2005

Vogliono darci un '68 forever?

Herbert MarcuseL'Italia è l'unico paese d'Europa e d'Occidente dove il '68 dura dalla bellezza di 37 anni. Perché?
Il '64 americano all'Università di Berkeley è passato in fretta. Il maggio francese, pure. In reazione a quest'ultimo, nacquero alcuni brillanti pensatori come Glucksmann, Guattari, ecc..
La risposta è semplice e complessa ad un tempo. l'Italia è l'unico paese d'Occidente che dispone del più imponente Partito Comunista, dal 1921 a oggi. Non importa che ora si chiami DS, Quercia senza e con la rosa ecc. Importa che da quello vecchio, dissoltosi dopo la caduta del Muro di Berlino, ne sia rimasto pressoché intatto tutto l'apparato organizzativo (Sindacati, Coop rosse, Unipol, Banche, pastifici di Corticella ecc.). Inalterato perfino anche dopo Tangentopoli, che lo sfiorò solo assai marginalmente. Che ora l'ex PCI si dichiari "moderato", " europeo" e "riformista" non cambia affatto la solfa. Forse mi sono distratta, ma l'indomani della caduta del Muro di Berlino nel '89 di autocritiche sugli errori (ed orrori) del comunismo, io non ne ho sentite, da parte loro. Ho solo assistito ad abili operazioni trasformistiche di facciata: simboli, loghi, manifesti elettorali, il discorso di Occhetto alla Bolognina, qualche timida operazione di abiura. Come inalterato è rimasto il tasso di conflittualità ogni qualvolta non vincono le elezioni politiche.
Ricordate Togliatti e la doppia identità parlamentare/insurrezionale? Da una parte il doppiopetto in Parlamento, dall'altra le insurrezioni di piazza con violenti scioperi, barricate e spranghe? I fatti di questi giorni sono eredi di allora. Con l'aggravante che la frammentazione dell'ex Partito Comunista nei partiti più piccoli PRC di Bertinotti e PdCI di Diliberto, dei Verdi, genera ancora più confusione e moltiplicazione di "cattivi maestri". I quali, in Parlamento sfoggiano rassicuranti grisaglie, in piazza fomentano disordini coordinando teppisti a gogò. Ogni volta che esplodono fatti come quelli di questa settimana (a Torino nella Chiesa del Carmine dove hanno lanciato petardi, orinato sui muri e scritto "con le budelle dei preti impiccheremo Pisanu"; a Bologna contro il loro sindaco "rosso" Cofferati, reo di far rispettare la legge; all'Università di Siena contro il Presidente del Senato Marcello Pera; a Roma davanti alla Camera dei deputati assediata per tutta la giornata da un'insolita fauna di disubbidienti, incappucciati, no global, punkabbestia, farfalle rosse, cobas, collettivi, resistenti ecc.) - ogni volta che accade tutto ciò, ecco chiedersi: vogliono un nuovo '68?
Sarebbe più esatto chiedersi il perché da noi il '68 non è mai passato una volta per tutte, né veramente archiviato. La risposta sta nel tasso di conflittualità antidemocratica, rissaiola, demagogica e piazzaiola che la sinistra ha ereditato dal vecchio PCI - erede del partito "di classe" (quella operaia).
Già ma le altre classi? Chissenefrega...loro se ne infischiano.
Ecco dunque ogni anno il calendario degli autunni "caldi", con i soliti Ottobri "rossi". Delle primavere "arcobaleno" o "uliviste". Con gli Aprili alla Nanni Moretti.
Arriverà l'estate del 2006 prima o poi! E allora i neo/vetero/postsessantottini del III millennio (quale che sia la pittoresca sigla dietro cui si nascondono) da tupamaros diventeranno miracolosamente dei desaparicidos : le vacanze piacciono a tutti, senza distinzioni di sigle e schieramenti.
Fino al prossimo autunno. Metereologicamente prevedibile: caldo e rosso. Per i prossimi 50 anni continuerà, inesorabile, questa stessa perenne lagna del '68 forever?
Beh, in questo lasso di tempo, potrebbe capitarmi anche di morire. Ma non di noia, spero...Proprio non lo sopporterei.

24 October 2005

Il Lochness aforisma del dì che fugge














H5N1

Morire in guerra è morire da eroi,
compiere un attacco terrorista è morire da kamikaze,
subire un attacco terrorista è morire da veri martiri.
Morire di pollo... Dio mio, che morte poco intelligente!

Nessie (ma non Nesci)

21 October 2005

Santoro, da Masaniello dell'etere a Filippo Uguaglianza

Torna a casa Nessie...
O meglio, torna a bomba col telecomando. E telecommento in corsivo. Ieri sera (giovedi 20 ottobre) mancava solo la marcia trionfale dell'Aida  per il rientro di Santoro, l'agit-prop dell'agorà televisiva. La trasmissione di Celentano Rockpolitik su Rai 1 è  una delle sue solite interminabili teleprediche all'insegna di un buonismo cerchiobottaro di cui francamente non si sentiva la necessità. Sapevamo già quali erano gli ingredienti della costosa minestra: un po' di ecologismo (case su case/catrame e cemento...), alcune  critiche ai reality show della Tv (di cui poi si serve astutamente), qualche spot a fumetti contro la guerra, la politica, la destra, la sinistra, il rimpianto per come eravamo, tanti soliloquii con pause interminabili , un po' di rock-canzonetta  e ovviamente qualche ospite. Fra questi, come annunciato con ridondanza, Michele Santoro, il quale non è che abbia dato le dimissioni da europarlamentare per la bella faccia di Celentano, come si può ingenuamente pensare. Ma perché, - come ha sottolineato il critico Aldo Grasso a "Otto e mezzo" da Ferrara -  chi glielo fa fare di prendere aerei, buscarsi stress, presenziare a pallosissime riunioni parlamentari, quando c'è Mamma Rai a casa propria?
Meglio rimanere nelle adiacenze sbandierando il "reintegro" (orrenda parola in sindacalese che sta ad indicare la reintegrazione del suo ruolo di conduttore). Eppoi non dimentichiamo che è in discussione una legge per dimezzare i cachet degli europarlamentari italiani considerati i più elevati. Dunque, i conti tornano e il gioco non vale più  la candela.
All' Europarlamento di Strasburgo non sentiranno affatto la sua mancanza, visto che lassù ha fatto due soli interventi in 16 mesi: la prima interrogazione è sul luogo da destinare allo stoccaggio dei rifiuti in Campania (annosa questione); la seconda  è un'interpellanza  relativa ai server di Indymedia, il sito dei no global. "E' ammissibile" - chiedeva indignato - che gli organi di informazione europei diventino oggetto delle norme liberticide del Patriot Act?". In ciò  fu affiancato, manco a dirlo, da Lilli Gruber, la Teresa di Calcutta dei "resistenti iracheni" (cioè dei kamikaze).
Ma torniamo a ieri sera. Santoro ha esordito in scena con un inquietante silenzio "celentanesco" tanto per suscitare suspense. Poi ha chiesto un microfono e subito dopo ha detto con arroganza dissimulata che  quello non era il  suo  microfono, ma era quello di Adriano. "Rivoglio il mio microfono, il mio studio, le mie luci...Ritorno e vado fino in fondo".
Promessa o minaccia? Vai a saperlo.
Quando dovette lasciare gli studi televisivi di Via Teulada canticchiò Oh bella ciao! facendosi passare per perseguitato. Ieri sera ha preso commiato dal suo ospite e dai telespettatori esortando ad alta voce: W LA FRATELLANZA! W L'UGUAGLIANZA! W LA CULTURA! W LA LIBERTA'! 
MIchele Santoro giornalista Masaniello e arruffapopolo dell'etere, eurodeputato, e ora anche Filippo Uguaglianza (Philippe Egalité) della Rivoluzione francese. Decisamente Leopoldo Fregoli ci ha lasciato in eredità stupefacenti eredi teatrali dalle molte maschere.

18 October 2005

EuroJihad: dalla simulazione alla realtà

EurabiaSi vis pacem para bellum è un antico proverbio latino mai abbastanza applicato da noi in Europa. O Eurabia, a seconda delle convinzioni. Certo, si svolgono le simulazioni ed esercitazioni di attacchi terroristi a Milano, a Roma, come a Londra, come pure nella stessa Olanda, già teatro di recenti scontri all'Aja tra una cellula marocchina affiliata al gruppo dei fondamentalisti islamici dell'Hofstadt (quella responsabile dell''omicidio di Theo Van Gogh) e le forze dell'ordine. Ma queste simulazioni, vengono fatte con notevole ritardo rispetto all'incalzante avvicendarsi dei fatti. Siamo in corsa contro il tempo, come al nostro solito. Un po' come si fa con l'influenza aviaria e i vaccini non disponibili.
Presto per i terroristi islamici non sarà affatto necessario andare lontano da casa in Iraq, in Afghanistan, nei territori palestinesi, nel Kashmir o nel Caucaso, per combattere la loro Jihad. Ci sono già segni palesi che gli islamisti stanno organizzando un loro esercito europeo. Un rapporto indica che centinaia di musulmani europei, reduci dall'Afghanistan cercano di addestrare schiere di nuovi adepti, di comprare armi al mercato nero (sempre europeo), di noleggiare ritrovi balneari isolati o casali in aperta campagna per incontri di addestramento. Che la guerra di intelligence sotterranea già attiva in tutta Europa, potrebbe diventare da un momento all'altro incandescente e alla luce del sole, lo dicono gli ultimi sviluppi di una mattinata senza precedenti all'Aja (quella del 14 ottobre u.s.) con un Parlamento olandese circondato per tre ore dalle forze dell'Ordine in assetto di guerra alle prese contro sette giovani attentatori di nazionalità olandese, ma figli di genitori marocchini ( tra i 18 e i 30 anni). Giovani islamisti che il Corriere della Sera nell'articolo di Giuseppe Sarcina (sabato 15 u.s.) chiama nel linguaggio politically correct sospetti terroristi. Sospetti? Più flagranza di reato di questa, non so cos'altro ci si aspetti!
Una tale crociata islamista potrebbe prendere la forma di una guerriglia diffusa in stile IRA, nella quale i ghetti islamici creati da un ottuso multiculturalismo, servirebbero sia da base che da nascondigli. Tira il fiato il ministro degli Interni olandese Joahan Remkses dopo l'avventuroso blitz poliziesco:"Abbiamo sventato una grande minaccia". Sì, ma sventata fino a quando?
Mohammed Bouyeri lo aveva promesso: l'assassinio di Van Gogh sarebbe stato solo un primo passo. E la realtà è già qui, sotto i nostri occhi. E' del giorno prima (giovedi 13) la notizia che a Nalchik nel Caucaso, un piccolo esercito di terroristi ceceni (che sempre il Corriere definisce "un piccolo esercito di combattenti pro-ceceni") ha lanciato una serie di attacchi simultanei a edifici della polizia e dell'esercito russo. E che questi terroristi fossero sotto la direzione di quel Shamil Basayev già pianificatore dell'assalto criminoso alla scuola di Beslan. Se dovesse risultare vera l'esistenza di una regìa globalmente cooordinata (come in una spy story) ciò dimostrerebbe che mentre esiste una holding mondiale del crimine a sfondo politico-religioso in grado di coordinarsi come una sorta di Spectre ad ampio spettro (scusate il bisticcio), esiste di converso, un'Europa imbolsita che annaspa faticosamente e che non è in grado di coordinarsi nemmeno tra le intelligence e le Magistrature dei vicinissimi paesi membri.
Per tornare all'Olanda e allo spirito delle sue leggi, vale quanto già avviene in Italia da noi. Gli olandesi non possono contarci per sentirsi per davvero protetti e difesi. Come in altri paesi d'Occidente, da 30 anni a questa parte , per assecondare l'ideologia di sinistra, la legge è stata distorta e indebolita al punto che talora può costituire un intralcio alla lotta contro il terrorismo islamico, anziché un baluardo a difesa dei cittadini. Furono, ad esempio, dei cavilli legali che impedirono lo scorso anno la condanna di 12 musulmani olandesi, rei di avere aiutato un'organizzazione terrorista nord-africana. Mentre nel 2002 furono messi in libertà dal tribunale di Rotterdam, altri 4 terroristi islamici, accusati di aver progettato di mettere una bomba all'ambasciata USA di Parigi. Leggi concepite a garanzia dei diritti umani. Sì, ma ai nostri diritti alla sicurezza e all'esistenza chi ci pensa? O non sono considerati sufficentemente umani? Ora staremo a vedere che ne farà la Magistratura olandese di questi "magnifici sette" (sic!).
Concludendo, per l'Europa e per buona parte dell'Occidente è scoccata l'ora del Lupo (homo homini lupus) ed è inutile fingere di non vederlo continuando a crogiolarci in illusorie utopie di stampo multiculturalista. Col rischio comune (e comunitario, visto che siamo nell'Ue) di eccidi, stragi e massacri violenti come già è accaduto a Londra il 7 luglio; di erosione sistematica dei nostri valori e dei nostri modelli di cultura e di vita.Per questo è necessario da parte degli stati sovrani assumere pieni poteri legislativi al fine di garantire la nostra incolumità. E' necessaria pure da parte dei mass media, sovente paladini della political correcteness, una maggior consapevolezza che siamo in guerra, ancorché guerra asimmetrica. Nel caso dell'Olanda, il primo paese europeo che attuò la liberalizzazione delle droghe, vale la pena di ricordarle che il sonno (oppiaceo) della Ragione è destinato a generare dei mostri. Urge pertanto un brusco e immediato risveglio e un maggiore istinto di conservazione della specie. La nostra.

14 October 2005

Benigni, giullare scioperato ma crumiro

Il corsivo di Nessie
 
Ricordate la famosa frase di D'Alema quand'era presidente del Consiglio e faceva i cortei contro se stesso? "Noi siamo partito di governo e partito d'opposizione". Ovvero l'assoluto metafisico. Beh, forse D'Alema non lo sapeva ma era un seguace di Hegel. La sua è una forma di assolutismo prussiano (altroché lotta la relativismo!) che ha fatto scuola. E che scuola! Roberto Benigni sciopera contro il governo e i tagli della finanziaria alla cultura  e allo spettacolo, a Roma in compagnia di tanti altri suoi ricchi e famosi colleghi del cinema e del teatro, per poi  tenere aperto a Milano i locali cinematografici dove si proietta il suo film "La Tigre e la Neve". Perchè? Perchè non vuole perdere l'incasso della giornata, avvantaggiando la concorrenza. Dunque in perfetta linea col discorso dalemiano di partito di governo- partito d' opposizione, anche il Robertino nazionale capisce e si adegua.
Giullare scioperato ma crumiro. A Roma , contestatore, a Milano, incassatore.Di royalties, naturalmente. Dopotutto a Roma la vita è dolce (oltre che bella). Mentre a Milan "se stà mai coi mani in man" . L'ossimoro e la contraddizione in termini è la nostra vocazione nazionale. Ricordate le convergenze parallele? Inoltre, non l'abbiamo forse inventata noi la maschera di Arlecchino, servo di due padroni? Capitalismo e comunismo. Ovvero, come ti concilio l'inconciliabile. Ma il nostro è pure il  Bel Paese del Paradosso. E ne volete sentire uno? Mentre tutti i locali cinematografici che proiettano il film del "comunista" Benigni fanno i crumiri allo scopo di arrangiar quattrini, quelli del gruppo Medusa (gruppo Fininvest) ...sono chiusi per sciopero. Olet o non olet? Questo è il problema.

09 October 2005

Il Cinema Italiano e la rinascita che non c'è (con una stroncatura preventiva su Benigni)

Una volta chiesero al grande produttore Dino De Laurentiis, perché mai fosse andato a lavorare in America disertando il nostro paese. "Perchè è l'unico stato dove non è necessario essere di sinistra per venir considerati intelligenti". Risposta lapidaria, ma meritevole di qualche considerazione.
Ogni qualvolta salta fuori una gracile operina malapena accettabile, da 6 e mezzo per intenderci, sul genere di "Pane e tulipani " di Silvio Soldini (fratello del famoso velista), ecco un'orda di criticonzoli affannarsi a scrivere di rinascita del cinema italiano. Ma quale? Poi arriva "Agata e la tempesta" (parlo sempre di Soldini), che ne è il continuum, e allora tutto rientra a più modeste proporzioni. A dire la verità, nemmeno in altri paesi stranieri il cinema se la passa poi così bene. Ma almeno negli USA uno o due buoni film all'anno, in grado di incrementare l'industria cinematografica, sono capaci di sfornarli. E se proprio manca il cinema d'autore, lo si sopperisce con un dignitoso film di "intrattenimento" di buona confezione. Da noi invece, si ulula sempre al miracolo italiano ma poi è la solita montagna che partorisce il topolino. Il cinema del dopoguerra con registi impegnati politicamente a sinistra (Rossellini, De Sica, Visconti ecc) ha attraversato stagioni fortunate. Ma fin qui, il mezzo era esplicitamente al servizio dei fini ideologici, chiaramente dalla parte dei vincitori. Con ciò, nulla si vuole togliere alla levatura di certi registi e di alcuni ottimi film.
Tuttavia, illuminante, a proposito dell'intruppamento di parte, è stata un'intervista di Franco Zeffirelli ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, dove ammise esplicitamente che molti di quei registi suoi colleghi (tra i quali lo stesso De Sica e Visconti) non erano più comunisti di suo zio l'arciprete, ma che dovettero "spargere il sale" come fecero i cristiani per non venire uccisi ai tempi della Roma imperiale; ovvero fingere d' esserlo per poter lavorare e guadagnarsi prestigio e credibilità nell'ambiente. Di Luchino Visconti, grande decadente nonché aristocratico d' antica famiglia lombarda, si racconta che licenziò in tronco un suo cameriere per essersi dimenticato di spazzolare il suo gatto persiano. "Non che avesse fatto male" - sogghignò con humour Zeffirelli - "ma che c'entra tutto ciò col comunismo?".
Già che c'entra? Siamo al paradosso di De Laurentiis, quello che lo costrinse riparare negli States. E allora a tutti quelli che non fuggono, non resta che fingersi di sinistra pur di essere considerati intelligenti. E di poter lavorare in santa pace.
Andiamo avanti con il boom, il miracolo economico, e con questo, la stagione d'oro della commedia all'italiana. Quella che castigat ridendo mores. Con Pietro Germi, Dino Risi, Mario Monicelli, Luigi Comencini, Luigi Zampa, Franco Brusati, Ettore Scola ecc. Ed eccoci fotografati con cattiveria, un po' di cinismo e di umorismo corrosivo nei nostri difetti, nelle nostre cialtronerie, nelle nostre pigrizie, nei vizi privati e nelle pubbliche ipocrisie. Perfino nelle nostre pateticità ( "Divorzio all'italiana", "Il sorpasso", "I mostri", "I soliti ignoti", "Amici miei", "L' Armata Brancaleone", "Tutti a casa", "C'eravamo tanto amati", "La terrazza" ecc.). In sottofondo, alcuni irregolari come Antonio Pietrangeli, Mauro Bolognini, Valerio Zurlini, Ermanno Olmi, pittori intimisti e discreti della provincia e della nostra letteratura ( "Io la conoscevo bene" di Pietrangeli, "Senilità" di Bolognini; "La ragazza con la valigia" e "Cronache familiari" di Zurlini, "Il posto" di Olmi). Il tutto, mentre i tre grandi maestri Fellini, Visconti e De Sica seguitavano a diffondere per il mondo prodotti artistici di egregia qualità. Fu una stagione molto feconda, felice e di notevole impulso creativo, che fece apprezzare il nostro cinema nel mondo, anche grazie ad attori fuoriclasse come Gassman, Tognazzi, Mastroianni, Manfredi, Giannini, Claudia Cardinale, la Loren, la Sandrelli. Ma oggi? Chi ne raccoglie l'eredità?
Carlo Verdone fa commediole ridanciane, ma seriali. Nemmeno lontanamente paragonabili a quelle citate. Nanni Moretti si guarda troppo l'ombelico sentendosi supremamente intelligente e non perdendo l'occasione per farlo capire ai più, secondo i codici del sinistra-pensiero già denunciati da De Laurentiis. Ciò che non vuol dire esserlo. La battuta folgorante su di lui, l'ha fatta Dino Risi allorché le chiesero alla mostra cinematografica di Venezia, cosa ne pensasse dei suoi film.
"Quando guardo recitare Nanni Moretti mi viene voglia di dirgli:"Fatti più in là che voglio vedere il film"". Non si poteva pensare a qualcosa di migliore per indicare il conclamato narcisismo e la presupponenza dell'ingombrante personaggio autore di filmetti politicamente minimalisti e infarciti di luoghi comuni sinistresi: manca proprio l'ossatura del film e la sua trama. In effetti ciò che è carente nel nuovo cinema (per nulla Paradiso, nonostante Tornatore) dei nostri tempi è una buona scrittura alle spalle.Cioè buoni soggetti e valide sceneggiature. Marco Tullio Giordana e la sua "Meglio gioventù" è un'operazione nostalgica, giustificazionista e assolutoria, di una parte della storia del nostro paese. Ovvero l'impossibilità per gli italiani, di prescindere dal '68 e di esserne in qualche misura, prigionieri .
Roberto Benigni che in alcuni film ha diretto se stesso, sembra il Jolly Joker delle carte: ha sempre la bocca aperta e ride, lui per primo, delle sue stesse gags. Il che non vuole dire far ridere necessariamente gli altri. "La vita è bella" è un flebile filmuccio supportato da un'abile operazione di marketing e non hanno torto gli ebrei nell'averlo criticato per aver banalizzato la shoah riducendola a una grottesca operetta comica. Ora sta uscendo nelle sale cinematografiche il suo ultimo film "La Tigre e la Neve". Non so se andrò a vederlo, solo per avere poi la soddisfazione (invero assai magra) di parlarne male. Sarei masochista. Pertanto azzardo una stroncatura preventiva , quasi certa di non sbagliarmi. Quasi, con beneficio di inventario.
L'idea di parlare del piccolo omino della strada che filtra la caotica realtà dei nostri tempi con occhio poetico e ingenuo (già visibile ne "La vita è bella") non è nuova, ma di chapliniana memoria. E' solo che Benigni non è Chaplin e l'età dell'innocenza nel cinema è finita da un pezzo. Benigni non è affatto quel naif stralunato che vuol farsi passare, ma un furbo contadino, scarpa vecchia e cervello fino. Sa bene che se parlasse troppo male degli americani, si taglierebbe fuori da una cospicua fetta di mercato economico. Perciò ha trovato l'escamotage di mostrare le forze "d'occupazione" senza dirlo. Con un abile espediente di semantica filmica li ha fotografati come dei "non liberatori", contrariamente a "La vita è bella" dove li ha coccolati. Però poi strizza l'occhiolino all'attualità, con la morte di Nicola Calipari. Non rinuncia allo striscione salvifico arcobaleno, quale demiurgo di una pace universale a lungo invocata. Ma soprattutto continua a fare i soliti saltelli da zompariello ammiccante e a ridere da un orecchio all'altro come il Jolly Joker. Smile? Massì, sorridi pure, dato che nel Benigni-pensiero la vita è mediocremente bella perfino in Iraq in mezzo agli uomini-bomba (resistenti?). Basta essere accanto alla moglie Nicoletta Brasca, attrice di modestissime doti espressive. Eppure voglio proprio vedere quali fiumi di oro, incenso e mirra verseranno i critici più ciambellani e lacché dei nostri mass media, non appena dal 14 p.v. verrà proiettato nelle sale cinematografiche. Il solito Mereghetti lo metterà nella sua enciclopedia del cinema con almeno tre palle di voto.°°°
Che cosa manca al nostro cinema per risorgere? Idee nuove, creatività, entusiasmo, talenti, schiere di buoni sceneggiatori, spirito d' iniziativa e d'équipe. In altri termini, il coraggio di saper fare del cinema lo specchio attento di un'italianità nuova che magari stenta a farsi strada, ma che c'è. Ma soprattutto, manca un'industria dello spettacolo svincolata dalle solite camarille politiche e partitiche, la quale purtroppo, allo stato attuale, elargisce straccamente fondi economici, premi e promozioni ai soliti noti della solita scuderia. Quella "rossa" ovviamente. Dove si punta su bardotti e ronzini, facendoli passare per cavalli di razza.

03 October 2005

Il cardinale Ruini, i PACS e la crociata laicista

Franco Grillini dell'Arcigay lo aveva promesso: un PACS al giorno. E' solo che quando i contestatori fecero irruzione attraverso i soliti gruppuscoli dell'estrema sinistra autobattezzatisi "Farfalle rosse", alla conferenza indetta da "Liberal", inalberando i cartelli di protesta, non immaginavano di sentirsi replicare PAX ET BONUM dal cardinale Ruini. Il quale si limitò a sorridere bonariamente ai fischi e agli slogan dando prova di un perfetto aplomb. Diciamo pure la verità: i Pacs per le coppie "di fatto" eterosessuali è più o meno il passepartout attraverso il quale autorizzare ed estendere detti patti per le coppie omosessuali; e Prodi, mostrandosi disponibile, ha fatto la sua solita furbata elettoralistica, mettendo a tacere la sua coscienza di cattolico. La Chiesa, da sempre assai vigile sui temi di grande rilevanza morale, ha giocato né più né meno il suo ruolo storico di strenuo difensore del sacramento del matrimonio e dell'istituto della famiglia. Diffidare dalle imitazioni dunque. E la convivenza chiamata altrimenti "piccolo matrimonio" lo è. Dov'è dunque lo scandalo "integralista"e "fondamentalista" di cui tanto si è blaterato sui mass media? E perchè mai questa forsennata crociata laicista anche da parte dello stesso Corriere della Sera?
Le coppie eterosessuali dovrebbero, in caso di Pacs, sottoscrivere una serie di diritti/doveri contemplati dal Codice Civile, assai simili a quelli del matrimonio. E tuttavia, non avendo contratto alcun vincolo istituzionale (né civile né religioso) dovrebbero godere di una serie di diritti quali: la reversibilità della pensione, i contratti d'affitto, i diritti d'eredità ecc. E i doveri? Beh, quelli toccano solo alle coppie legalmente sposate. E' naturale che si creino così i classici "figli e figliastri". Chi più dà allo Stato in termini di oneri, sacrifici, tributi, sono coloro che riceverebbero minori riguardi, rispetto a chi non vuole contrarre alcun impegno. Stante così le cose, che ci si sposa a fare? Tanto vale convivere "more uxorio" e avere tutti i vantaggi del matrimonio, senza però dover sottostare agli stessi obblighi. Non è un caso che mentre oggi lo Stato fa pochissimo per una vera politica della famiglia, si pretendano e si rivendichino diritti nei confronti delle "non-famiglie". Ma c'è una più sottile questione etica tra quel che sono le scelte individuali e quel che rappresentano le scelte collettive e pubbliche. Tralasciamo la questione dei PACS tra gay e soffermiamoci per il momento solo sulle coppie "etero" che scelgono liberamente di andare a convivere. Si tratta di una scelta rispettabile, ma strettamente individuale. Perché allora pretendere che lo Stato si faccia garante di una mia precisa libertà, senza che io mi assuma alcuna responsabilità davanti a un'autorità civile (il sindaco) o religiosa (un sacerdote)? Ancora una volta si confonde la parola "libertà" con il concetto di "licenza". E si pretende di ottenere una libertà (con gli annessi diritti), senza alcuna responsabilità (con gli annessi doveri). Di più, si chiama in causa lo Stato affinchè legittimi scelte individualistiche. Minima moralia o minima amoralia?
Ecco perché in mancanza di una vera forza politica capace di affermare con fermezza questi importanti principi, non resta che la Chiesa e il cardinale Ruini. Ed ecco perché oggi intellettuali come Galli della Loggia e Giuliano Ferrara guardano con interesse a questi nuovi interessanti sviluppi. La sinistra e i suoi gregari, come al solito sono rimasti al Paleolitico, perfino in materia di morale. Il suo zapaterismo e lassismo di remote discendenze veterosessantottine sono solo strumenti male in arnese, per fare demagogia e acchiappare voti.