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28 October 2010

La parrucca nella minestra


" Cameriere, c'è un capello nella minestra. Vorrebbe cambiarmi il piatto per cortesia? ". E così che schizzinosamente ci comportiamo al ristorante quando per caso troviamo un capello nella portata servita. Ma di fronte alle intere parrucche che ci propinano quotidianamente durante i telegiornali a pranzo e a cena restiamo ammutoliti e continuamo a mangiare, imperterriti.
E' questa una gag del comico surreale Alessandro Bergonzoni durante l'ultimo spettacolo teatrale URGE. La parrucca nel piatto quotidiano si fa sempre più immangiabile, a causa dell'invadenza, della pervasività, della ripetitività compulsiva dei media. Si buttano come sciacalli sui fatti di cronaca nera e girano e rigirano il coltello nella piaga, servendoci quotidianamente, non solo parrucche, ma disjecta membra nella pastasciutta.
Si portano dietro la tanica di benzina e scatenano incendi, roghi e cortine fumogene là dove ci si aspetterebbe che venga fatta luce. Siamo alle armi di distrazione di massa dei perversori occulti.
E' accaduto col giallo di Novi Ligure (caso Erika e Omar), con Garlasco (caso Stasi), con Cogne (caso Franzoni) , col giallo di Perugia e l'omicidio a luci rosse del caso Knox-Sollecito. Riaccade in modo ancora più ridondante e più circense che mai con il caso Scazzi. E se non fosse per rispetto dovuto alla povera piccola Sara, vera vittima della tragedia,  verrebbe da dire che i Tg, la vita in diretta di Sposini, il suo omologo concorrente pomeridiano di Barbara D'Urso su Mediaset, ci regalano un interminabile  scazzo quotidiano. Uno crede di riposare le stanche orecchie, ma ecco che sul far della notte arrivano, puntuali, i cosiddetti approfondimenti di Vespa su Rai1, di Federica Sciarelli detta Sciacalli  su Rai 3 in "Chi l'ha visto?",  di "Matrix" su Mediaset.
Il primo, si è addirittura specializzato in plastici: c'era il plastico montano di Cogne, ora c'è il plastico mediterraneo di Avetrana, con tanto di villetta, garage, modellini di automobiline, palmizi formato bonsai (vedere foto). Insomma, un vero e proprio presepino attorno al quale ciacola il solito neghittoso pissichiatra Crepet, ospite in studio capace solo di far sfoggio di caldi e colorati pulloverini; la solita magistrata Simonetta Matone che non ne ha mai imbroccata una; poi c'è una bionda criminologa che pare una pornostar e una giornalista che non vede l'ora di promuovere il suo nuovo libro sui casi delittuosi consumati in famiglia.  In diretta, Alessandra Graziottin, ginecologa, pissicologa, curatrice di rubriche sui rotocalchi rosa, tuttologa e via con la fuffa  notturna. Ne avessero mai azzeccata una...Prima c'era don Michele, il mostro rurale.
In pochi giorni zio Miché  è passato da carnefice a vittima di Erinni domestiche che lo nutrono con gli avanzi di cucina come un cane bastardo, lo fanno dormire in una sdraia da giardino, ma soprattutto lo fanno lavorare 14 ore al giorno come ai tempi degli junkers, mentre loro, le donne, danno ordini e  riposano. Ora c'è da sbattere in prima pagina, la mostrona Sabrina, robusta strangolatrice di concetto, perché gelosa della cuginetta tenera e graziosa. Sopra a tutta la famiglia, mamma Cosima: sapeva e taceva; forse teneva bordone. E i media impazzano come se fossero - come se fossimo -  tutti parenti stretti della Famiglia Addams pugliese: zio Michele, mamma Cosima, la cugina Sabrina, la cugina Valentina, mamma Concetta....
Signori, questo sarebbe il giornalismo odierno, ovvero il quarto e quinto potere. La Procura non è capace di trattenere le gole profonde, i cronisti si improvvisano inquirenti e siamo al pirandelliano Uno Nessuno Centomila. Frattanto si fa commercio clandestino di foto della casa del delitto con annesso garage, e Avetrana è diventanta la nuova Las Vegas versione horror.  Portateci anche i bambini, già che ci siete. Potrebbe diventare la nuova Gardaland delle Puglie.

Cameriere, mi cambi il piatto, per favore. La parrucca nella minestra proprio non la reggo più. Ma forse, oltre alla minestra,  conviene buttare la tv nella discarica.

25 October 2010

Habemus Papam?


Annuntio vobis gaudeum magnum: Habemus Papam! I retroscena sull'operazione Saviano ce li ha già spiegati fuori dai denti Maurizio Belpietro dalle colonne di Libero. C'era bisogno di un papa straniero fuori dai soliti circuiti della politica e  - toh! - che ti fa quel Topolino imbufalito di Ezio Mauro dalle colonne del suo Partito-giornale? Tira fuori dal cilindro fresco fresco il ragazzo Saviano pronto a estrarre la spada dalla roccia, con mani pure e innocenti, salvando il reame dalle ambasce, carestie e sventure  nel quale è sprofondato.
 Il quodiano debenedettino, è già da un pezzo che lamenta l'inettitudine della sinistra, attraverso l'ingegnere Carlone (un tempo ingegnere di Ivrea e oggi svizzero). Lui, l'Ingegnere, non ci sta più a foraggiare degli idioti che non solo non vincono mai, ma che rischiano di far vincere Berlusconi per la quarta volta. Son finiti i tempi delle deleghe in bianco ai Veltroni, ai D'Alema e ai Bersani. E ora volano gli stracci,  con tanto di interviste sprezzanti all'indirizzo di questo o quel leader della sinistra. E' la fine dei servi, sempre disprezzati dal padrone che li usa.
Perciò Repubblica ha deciso di riunire in proprio,  le sue truppe cammellate contro il Cav
A toccare  Roberto Saviano c'è il rischio di essere accusati di vilipendio al martire", esordisce Belpietro, che sostiene l'evidente innalzamento a simbolo del ragazzo di Casal di Principe, "dall'aria fragile e un po' ieratica" che, per connessione, riesce a rendere simbolico tutto ciò che dice e fa.  Così - è sempre Belpietro che ce lo dice -  Ezio Mauro, il quale sogna di passare alla storia come il direttore che ha liquidato Berlusconi, quando parlava di un papa straniero che rilanciasse la sinistra, pensava a Saviano. Il gran capo di Repubblica, per la guida di ciò che resta della sinistra, non guarda a Bersani, Vendola o anche solo a Fini. Per lui sono vecchi arnesi, ferri vecchi da Prima Repubblica: Mauro cerca un simbolo, un uomo giovane capace di incarnare quella rivolta che ogni giorno il suo giornale sollecita"
Povero Mauro Masi, dunque, se  mai si azzarderà a ostruire il  costosissimo format Vieni via con me con Fabio Fazio e Saviano prodotto dalla Endemol e  fatto passare per un programma "culturale".  Che importa poi -  continua Belpietro -  se Saviano non sa nulla di politica e non ha idea di come guidare quel branco di litiganti dell'opposizone? E' un "lavoro sporco" che può fare qualche politico navigato al posto dello scrittore.
E dato che nell'editoria esistono già i ghost writer e in politica, gli speech writer, potrebbero, per rimanere nel sottobosco variegato della politica,  tranquillamente esistere anche i ghost politician. Della serie, tu ci metti la faccia da martire puro e incontaminato e al lavoro sporco delle camarille e di tutto il resto,  ci penso io.
Intanto si va negoziando i costi di detto programma che si farà a novembre e pare che si aggiri  intorno ai  2.800.000 di euro.
Ma chi è oggi Roberto Saviano? - si chiede il sito Dagospia coi suoi titoloni cubitali. Un giornalista? Un autore di un libro di successo o una pop star della cultura di massa? Un discepolo di Sciascia e Pasolini o un collega di Santoro, Dandini, Travaglio e Fazio? Un eroe di carta e ossa o un eroe di cartapesta televisiva? .
Con un po' di pazienza, presto ne sapremo di più di quel che accade a ovest di Topolino. Per il momento, mi trovo d'accordo con Belpietro quando conclude che l'Italia non è quella grande Gomorra che qualcuno si ostina a descrivere sui giornali, sperando che prima o poi gli Italiani ci credano". Con buona pace per Saviano e per chi lo sostiene e dirige.

21 October 2010

Vittoria di Cota, reiterazione della Bresso

Si  può errare non si deve aberrare. Questo dovrebbe capire Mercedes Bresso, l'indomani dello stop al riconteggio dei voti da parte del Consiglio di stato. Boato di allegria da parte della Lega, per quella che dovrebbe essere l'ovvietà, ma che invece in tempi incerti come quelli che viviamo, è da  considersi una "buona notizia". Il Consiglio di stato ha appena accolto il ricorso del presidente della regione Piemonte Roberto Cota e pertanto il riconteggio delle schede elettorali decise nel luglio scorso dal TAR  è ufficialmente sospeso. "Ora mi vorrei lasciare alle spalle questa brutta pagina" dichiara Cota "e rimboccarmi le maniche per rilanciare il Piemonte".  E ce n'è del lavoro da fare in una regione da sempre feudo rosso come il Piemonte! 
La Bresso però , non capisce, non si adegua, ma soprattutto non demorde. Non capisce (o finge di non capire) che in fondo una vittoria a tavolino non la voleva nessuno. Nemmeno i suoi. Chiamparino ha tenuto un low profile al riguardo e lo stesso Bersani rifiutava un provvedimento che dichiarasse decaduto Cota e installasse al suo posto l'ex governatrice detta la "zarina", senza passare per le urne.
Eppoi, con quale faccia ci si ripresenta al governo della Regione come fosse una sorta di "uso capione" a carattere personale? Non pensa, la signora, in questo modo, di rendersi antipatica, arrogante e invisa ai più?
Cota dal canto suo, sembra essere rassicurato da questa buona notizia che lo riguarda. Tuttavia "è preoccupato dei tamburi di guerra della Bresso che non intende ammettere la sconfitta e rinunciare quindi a nuove azioni legali per far valere le sue ragioni. D'altronde nel Pd la speranza è l'ultima a morire soprattutto quando si hanno santi togati in paradiso". Come è stato ben descritto in questo articolo  di Enrico Severati.
 Il resto, alla prossima puntata...Mi sbaglierò, ma temo che il buon Cota non riesca a godersi facilmente i frutti del suo successo elettorale.

15 October 2010

Se la classe operaia sprofonda all'inferno


Ieri sera ho seguito la trasmissione di Santoro sapendo già a priori che sarebbe stata la solita santoreide demagogica e populista. Tralascio il suo peana martirologico iniziale con preghiera da parte sua affinché i telespettatori chiedano a viva voce il loro "Vota Michele, vota Michele, vota Michele Latrippa", presso il direttore Masi, perché non venga sospeso. Tralascio il suo solito antiberlusconismo e la letterina di Natale di Marconiglio che parla del conflitto di interessi e della violazione nientemeno che della legge Gasparri.

Vengo subito ai "contenuti", cioè alle inchieste sulle fabbriche in via di chiusura a causa della delocalizzazione. In particolare a quella della OMSA a Faenza. Peccato che uno dei pochi programmi che pretende occuparsi del mondo del lavoro, non sia capace di farlo, se non ricorrendo ai ferrivecchi del marxismo-leninimo, del pan-operaismo, della sempiterna lotta di classe.

C'è mai stata un abbozzo di raziocinio nel voler comprendere che stiamo attraversando l'era postindustriale globale e che la finanza internazionale ha spazzato via l'industria manifatturiera? Nossignore. Per don Michele la crisi che stiamo attraversando è tutta colpa di quel bauscia del Berlusca. Ha mai indagato, visto che possiede uno staff di collaboratori, su che cos'è la delocalizzazione, chi la spinge e perché la si attua? Eppure c'era un'occasione ghiotta per farlo, tenuto conto che il padrone dell'OMSA, rilocalizza il suo stabilimento in Serbia dove il costo del lavoro sarà molto più basso che a Faenza in Italia.

Ha cercato di far capire ai telespettatori che la crisi economica proviene dagli Usa e che è partita da Wall Street prima con la bolla sui mutui subprime poi con il crack delle banche d'affari e di investimento come Lehman, e ancora con l'altra bolla dei derivati? Lo sa cos'è il bail out delle banche, ovvero il rifinanziamento di soldi pubblici a istituti bancari internazionali privati? Lo sa che è proprio a seguito di ciò, che l'industria manifatturiera americana (pesante e leggera)  si è polverizzata e conseguentemente a ciò, anche tutte le sue filiali in Europa e in Italia, sprofondando centinaia di lavoratori nella disoccupazione permanente? Figurarsi.

E che dire di tutti quegli operai tessili cinesi di Prato che lavorano per giorni e notti in nero per padroni italiani, spazzando via per sempre le nostre brave maestranze e riducendole alla disperazione.

Queste ed altre cose, i telespettatori hanno il diritto di sapere, ivi compreso il perchè dell'acceleratore tenuto premuto sull'immigrazione allo scopo di gettare sul lastrico i lavoratori autoctoni attraverso l'esercito di riserva proveniente dai paesi del terzo e quarto mondo, pronti a essere immessi nel mercato del lavoro a prezzi di sottocosto e a ritmi disumani a cui i nostri operai non sono più avvezzi. E giustamente, visto che nella vita si deve pur migliorare. E invece no.
La pietra di paragone cui essi devono sottostare è il nuovo schiavismo allogeno e la retrocessione (lo stanco ritornello dei "lavori-che-gli Italiani-non vogliono-più- fare").

Abbiamo la finanza apolide e il tecno e turbocapitalismo anonimo che incombe da una parte, e in contrapposizione, la classe operaia e i suoi cattivi (anzi pessimi) maestri marxisti dell'uggia, dall'altra;  una classe operaia rinchiusa in un cul de sac di vecchi quanto fuorvianti ideologismi. Tra i cattivi mentori, spicca il martire Michele Chiagniefotti, la Trimurti Sindacale, la CGIL-Fiom. Tertium non datur, purtroppo.

Così, la classe operaia italiana sprofonda all'inferno.

12 October 2010

Lo sanno anche i sassi ma non si può dire


Secondo te, chi c'è dietro Fini? E' la domanda che il PR Rinaldo Arpisella della Marcegaglia rivolge a Nicola Porro vicedirettore de Il Giornale, durante una conversazione  debitamente intercettata. E perchè hanno intercettato il Pr Arpisella? Perchè c'è L'Orecchio Assoluto, che non è propriamente un orecchio musicale. Echelon ha le sue filiali anche in Italia.
Faccio uno dei miei giretti per blog e scopro che su La pulce di Voltaire c'è solo il breve  link del blog Jim Momo che a sua volta ha prelevato da altre fonti, la conversazione in oggetto,  la quale sembra un cazzeggio  (ma non lo è) tra Porro e Arpisella. Altri blog avevano stralci  più ridotti di questa conversazione: il Blog di Marcello Foa, (che peraltro nel suo pezzo ha posto l'interessante etichetta "Bilderberg")  e Conflitti e strategie.

Bene, l'irruzione al Giornale è parte integrante di questa strategia della censura preventiva. Cioè fare il proprio mestiere di cronisti d' inchiesta sulle  tante fabbriche della Marcegaglia aventi le mani in pasta coi termovalorizzatori dei rifiuti al Sud, sull'idillio ideologico tra Emma e Nichi Vendola (di cui lei non perde occasioni per tesserne le lodi di governatore), sulle eventuali irregolarità in gioco, è vietato. Vietato informare. Sugli impianti targati Marcegaglia leggere qui.

Poi Arpisella ha smentito tutto, facendolo passare per un suo sfogo, un'elucubrazione telefonica. Ma intanto è stata la classica voce dal sen fuggita.
Chi c'è dietro Fini? Lo sanno anche i sassi ma non si può dire. E cosa sarebbe il "cerchio sovrastrutturale  che va oltre me, oltre Feltri, oltre Berlusconi", la frase estratta dalla conversazione telefonica? In questo caso, l'intreccio è un po' più complesso perché fa parte di quegli arcana imperii che si scoprono a distanza di tempo. Eppoi non c'è una persona sola, evidentemente. Cossiga ha aspettato la sua morte per rivelarne solo qualcuno. E lo ha rivelato nel suo libro post mortem "Fotti il potere".
Ma per ora, in attesa di saperne di più,  è il potere che fotte noi.

09 October 2010

Ma Berlusconi vorrebbe la testa di Feltri?



Voler la testa di Vittorio Feltri per far largo (e che largo!) a Ferrara nel Giornale? Sarebbe una pessima idea. Girano voci di corridoio che il Cav abbia piazzato Feltri al suo quotidiano di famiglia per alzare le vendite, ma che ora che queste vanno a gonfie vele, voglia dargli il benservito. Le recenti dichiarazioni imbufalite di Feltri  (prima dell'avvento delle perquisizioni) lo lasciano più o meno presagire:
 "Sono stato chiamato al Giornale per ripianare i conti, ma se la mia presenza è d'impiccio me ne vado, senza polemiche".
Lo ha dichiarato all'ANSA il direttore editoriale de Il Giornale, in risposta al suo patrùn. Qualche tempo prima  Silvio Berlusconi aveva sostenuto che "i giornali considerati più vicini a noi forse ci fanno più male che bene". Troppo comodo ora che c'è lo scudo salva Berlusca in ballo, prendersela coi suoi giornalisti sguinzagliati per l'uopo. Montanelli che prima di Feltri fece esperienza nel Giornale ebbe a dichiarare che "non si muove foglia che Berlusconi non voglia". Perciò prima la smette il Cav con questa melina di rimproverare i suoi cronisti a cose fatte, meglio sarà per lui. Io non credo che non gli abbiano fatto comodo i toni duri di Feltri contro Fini. Fa parte della comune battaglia politico-mediatica e un  giornalista non può limitarsi ad essere un passacarte pronto a prendere ordini per andare all'assalto per poi fermarsi al segnale del fischio del suo capo. Ma secondo il sito Dagospia ci sarebbe di mezzo uno strano baratto: i finioti lasciano passare lo scudo salva Premier e in cambio Feltri tornerebbe (si fa per dire) a vita privata, lasciando il posto a Ferrara, le cui vendite de Il Foglio scendono a picco. Se fosse vero, da quando in qua si premierebbe con un eventuale posto di direttore chi manda a picco le vendite?
Ma ci sarebbero le solite camarille politiche in ballo: io ti do una cosa a te, tu mi dai una cosa a me. Berlusconi ha bisogno del famoso scudo che qualcuno chiama già "salvaterga". E per ottenerlo ha bisogno del consenso dei finioti "moderati", termine, questo, che ormai mi fa rotolare per terra dalle risate (si usa perfino come aggettivo per i talebani). Cosa potrebbe chiedere il solito Fini in cambio? Ma è evidente: la testa dell'elegantone di Bergamo. Proprio come una novella Salomé.
Quanto a Ferrara, lui ha sempre avuto bisogno di qualche sballo nella sua vita. E il suo "ultimo sballo" dopo la lista  teocon antiaborto è volersi sentire affine al Fini nel suo ruolo di eretico, per non dire traditore. Questo potrebbe placare le ire di Gianfregnone e fargli sdoganare i numeri per il Berlusca e il suo scudo salvaterga. Però c'è un però...
Feltri che viene denominato, non senza snobismo,  un "semplificatore" da Giulianone, sa intrattenere come pochi altri un rapporto diretto coi suoi lettori. Magari parlando loro alla pancia, ma intanto comunica. C'è invece in Ferrara qualcosa di indissolubilmente bolscevico. E non sono io ad affermarlo, ma la compianta Oriana Fallaci. Come darle torto? Perfino la sua scrittura, nonostante le molteplici abiure, resta pedantemente marxista. Con le sue chilometriche proposizioni subordinate e le altrettanto chilometriche reggenti, col suo periodare oscuro dove non si scindono mai bene le une dalle altre. Che se ne fa la gente di un marxistone neo e teocon che rincorre sempre affannosamente l'ultimo tram dell'ultima rivoluzione mondiale permanente? Ferrara è una bomba intelligente che non può fare a meno di creare danni collaterali, suo malgrado. E lo si è visto nella disfida del Mugello, allorché riuscì a far vincere Di Pietro, candidato dalla sinistra, riuscendo nell'ardita impresa di farlo passare pure per martire.

Ora Il Giornale è sotto inchiesta con venti  carabinieri da Napoli a Milano in via Negri, con un procuratore artefice di inchieste tanto rumorose quanto approdanti ad un bel nulla (si veda il caso di Vittorio Emanuele di Savoia). Non conosciamo ancora i dettagli dell'affaire Marceglia, ma Feltri e i suoi fanno per davvero del giornalismo investigativo e questo non piace alle procure. Una cosa è certa:  se Feltri se ne dovesse andare, il Giornale non sarebbe più il Giornale.

03 October 2010

Zapatero e i 7 nani

Chi ha detto che il marxismo era morto e che saremmo passati tutti quanti a miglior vita? Nell'al di qua, evidentemente. Le cose sembrano invece molto più complicate, dalla Caduta del Muro in poi. Dall'Onu ci impongono il dogma dei diritti universali dell'uomo (e della donna, of course). E in quel che resta degli stati-nazione si lavora alacremente allo spezzatino famiglia-società. Ricordate i famosi documenti di Zapatero con la carta di identità con genitore A e genitore B per non discriminare gli omosessuali? E che dire della liberalizzazione della fecondazione artificiale, l'estensione dei "diritti umani" alle "grandi scimmie", l'asportazione dei crocifissi nelle scuole? Ora  è la volta della guerra alle favole e ai ruoli "sessuali" e "sessisti" che veicolerebbero  nei loro contenuti. Leggere tutto qui: 
Biancaneve? E' una pasticciona che mangia la mela, si avvelena e che ha bisogno del Principe Azzurro per svegliarsi dal lungo sonno della morte apparente. La Bella Addormentata? Idem. Dorme sprofondata in un lungo sonno, in attesa del principe che la salvi con un bacio e la sposi. Cenerentola? Invece di far carriera in proprio, fa la servetta per la matrigna e le sorellastre e sogna il solito principe che la salvi dalla vita negletta e miserevole in cui le circostanze l'hanno sprofondata..
Cappuccetto rosso? Cade sbadatamente nelle grinfie del lupo cattivo, viene divorata e ovviamente attende anche lei che un deus ex machina (un cacciatore) la faccia resuscitare come Lazzaro,
"Fiabe come quelle di Charles Perrault sono di solito piene di stereotipi. E quasi tutte collocano le donne e le bambine in una situazione passiva, in cui il protagonista, generalmente maschile, deve realizzare diverse imprese per salvarle", spiega Laura Seara, direttrice dell'ente ministeriale Istituto della Donna". Siamo dunque all'orwelliano ministero dell'Uguaglianza fra i sessi che ha pubblicato e diffuso tra i docenti l'opuscolo Educando nell'Uguaglianza, e mette sul banco degli imputati le fanciulle in attesa del Principe Azzurro.
Povero Zapatero alle prese con l'impresa impossibile di educare l'umanità al dogma assoluto dell'UGUAGLIANZA dei sessi e dei ruoli sessuali intercambiabili. Per chi non lo sapesse nemmeno in natura gli insetti sono uguali tra di loro. Tant'è vero che ci si riempie la bocca del concetto di "biodiversità". Pertanto esiste la blatta orientalis, la blatella germanica, la periplaneta americana. Nessuno scarafaggio è uguale all'altro. In compenso sessi diversi e perciò complementari, dovrebbero essere votati all'uguaglianza assoluta. Pertanto Zap comincia a lavorare a partire  dalle fiabe e favole per creare la "donna nuova"  eppoi attraverso questa, la "nuova umanità". Chi ha detto che il marxismo è morto? Poco importa che ci venga da Oriente o da Occidente. Magari dalla stessa California, il regno delle lobby gay da esportare democraticamente per il mondo. L'importante sono i fatti, perfino al di là delle intenzioni e delle post-ideologie.
Californication, the western nightmare.